Il Canale di Barents


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Il blocco del Canale di Suez rilancia il tema delle rotte commerciali al largo delle coste settentrionali della Federazione Russa, ipotizzando una specie di “Canale di Barents”.

Carte sul tavolo

Lo scorso martedì (23 Marzo) la Ever Given, colosso portacontainer di 400 metri di lunghezza per 59 di larghezza, si è incastrata al chilometro 151 del Canale di Suez. Fin da subito le autorità egiziane hanno iniziato le operazioni necessarie per liberare la nave, ma ad oggi (26 Marzo) vengono ipotizzate diverse settimane prima che il Canale possa tornare fruibile.

Il “tappo” dovuto all’incidente della Ever Given potrebbe incidere su merci per un valore stimato in 400 milioni di dollari ogni ora, con un costo totale di circa 9,6 miliardi di dollari, stando al report di Lloyd’s List. Il tutto senza calcolare i tempi esatti per avere nuovamente il Canale libero, dati al momento sconosciuti.

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Navi in attesa di attraversare il Canale di Suez. Fonte: Copernicus Sentinel-1A

Il Canale di Suez rappresenta il passaggio di circa il 12% del commercio mondiale, e sono centinaia le navi alla fonda in attesa di riprendere la navigazione. Al momento rimangono poco chiare le motivazioni dell’incagliamento, anche se pare che la portacontainer – con una capacità di 20.000 TEUs, battente bandiera panamense – si sia imbattuta in una forte tempesta di sabbia.

Questione di alternative

Nel Canale di Suez, terminato nel 1869, passano mediamente 50 navi al giorno. Nel corso dello scorso anno sono stati 18.829 gli scafi che hanno solcato le sue acque, trasportando ogni genere di merce e materiale. Stimando che circa il 90% di qualunque tipologia di merce abbia fatto almeno un viaggio via mare, e che più del 10% di esso sia passata attraverso Suez, possiamo renderci conto della situazione attuale.

Ever Given from Suez Canal Authority
Ever Given. Fonte: Suez Canal Authority

Stando ai dati della Suez Canal Port Authority, sono 1,2 i miliardi di tonnellate di merci movimentate ogni anno lungo il corso d’acqua, e 1,9 i milioni di barili di petrolio che passano da tra le sponde della stretta lingua di mare ogni giorno. Da La Repubblica:

Maersk ha detto ieri di essere pronto a dirottare via aria (anche se i cargo aerei sono quasi tutti esauriti) e via terra le spedizioni ritardate. Hapag Lloyd “deciderà nelle prossime ore se rinunciare a passare da Suez e circumnavigare l’Africa sulla rotta Europa-Cina”, una deviazione di sei-sette giorni che alza di molto i costi del viaggio.

La Russia invece ha colto la palla al balzo per sponsorizzare la rotta artica per unire Asia ed Europa. Tragitto che darebbe a Mosca grandi vantaggi geopolitici. “Se anche la situazione si sbloccasse in tempi relativamente brevi, le conseguenze dell’incidente dell’Ever Given dureranno per parecchio tempo”, ha spiegato Leon Willems, portavoce del porto di Rotterdam. “Ci vorranno giorni per scaricare le navi bloccate una volta che arriveranno tutte assieme a destinazione”.

Palla al Nord

Nel frattempo Mosca sorride della debolezza della catena logistica a Sud, sia prendendo in giro (letteralmente) la Ever Given via Twitter, sia rilanciando l’ipotesi di una rotta marittima alternativa, a Nord. Il tutto attraverso Rosatom, la compagnia nazionale dell’energia atomica:

La Russia punta forte sulla Northern Sea Route e sulla possibilità, benché non esclusiva come rotta commerciale, di aprire una nuova via marittima a Nord. “L’altro piatto della bilancia” del trasporto globale da e per l’Asia avrebbe come beneficio generale una riduzione del 40% del tempo trascorso in mare rispetto al passaggio attraverso Suez.

I costi e i tempi sarebbero comunque molto differenti, anche perché la stagionalità del trasporto inciderebbe notevolmente sulle capacità della rotta. Magari con l’ausilio obbligatorio di una nave rompighiaccio.

Altre soluzioni

Quale momento migliore per presentare quindi una nuova nave portacontainer, in grado di operare nelle gelide acque artiche autonomamente? Gli ingegneri di Aker Arctic hanno quindi tolto il velo sul progetto dell’imbarcazione da 8.000 TEUs in grado di solcare il Mar Glaciale Artico sia in estate sia in inverno, rinforzata apposta per essere autonoma anche con ghiaccio pesante.

La “base” ideale per la nuova portacontainer parte dalla creazione delle imbarcazioni già operative, come la Christophe de Margerie, create appositamente per una navigazione nel ghiaccio senza l’ausilio basilare di altre unità.

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Il rendering della nuova nave Aker Arctic da 8.000 TEUs

La costruzione delle navi per il trasporto di LNG (Gas naturale liquefatto) Arc7 inizierà quest’anno in Corea del Sud. Le nuove imbarcazioni saranno in grado di trasportare il materiale senza la scorta di una ulteriore nave rompighiaccio, il che inizierà quindi a creare un’economia di scala notevole.

The new Arc7 LNG carriers will be able to travel at an increased average speed in and through ice-covered waters.
«This means that 2 to 3 vessels fewer will be needed for the same amount of cargo compared to the previous generation of vessels designed for Yamal LNG,” afferma il Managing Director di Aker Arctic Reko-Antti Suojanen

«As a result, the overall cost-efficiency of the year-round transportation system will be noticeably improved, and also show the importance of optimization over particular routes, which in the Arctic are quite different».

Leonardo Parigi

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Leonardo Parigi
Leonardo Parigi
Laureato in Scienze Politiche Internazionali all’Università di Genova e di Pavia, giornalista pubblicista, collabora con testate nazionali sui temi di logistica, trasporti, portualità e politica internazionale. Ha fondato e dirige il portale on-line Osservatorio artico.

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