Per le strade di Tor Bella Monaca. A Largo Mengaroni la riqualificazione segna l'inizio del patto di collaborazione tra abitanti, associazioni, scuola, parrocchia e istituzioni

Tor Bella Monaca, Roma. A Largo Mengaroni la riqualificazione segna l'inizio del patto di collaborazione tra abitanti, associazioni, scuola, parrocchia e istituzioni (Foto:Alice Scialoja)

Roma, a Tor Bella Monaca si festeggia il primo patto di comunità

Nel quartiere alla periferia est della Capitale una piazza diventa simbolo di speranza e rinascita. Un progetto di rigenerazione urbana e aggregazione sociale tra abitanti, associazioni, scuola, parrocchia e istituzioni locali per restituire dignità e bellezza al territorio

A Largo Mengaroni è arrivata Margherita. Ogni giorno si prende cura della pulizia della piazza e dei suoi spazi da gioco. È un’operatrice ecologica dell’Ama, la società di gestione integrata dei servizi ambientali nel territorio di Roma. Siamo a Tor Bella Monaca, periferia est della Capitale, settimo municipio. E Margherita è una novità, perché fino a qualche settimana fa, in questa piazza l’Ama non c’era. E nemmeno i secchi della spazzatura. «C’era la manutenzione straordinaria, mandata su richiesta degli abitanti», racconta Claudia Bernabucci, presidente dell’associazione culturale Cubo libro e attivista della piazza dal 2008, intervenuta nel pomeriggio di festa che si è celebrato il 10 aprile, proprio davanti all’ormai storico Cubo di cemento, carico di libri, di giochi e di progetti per tutti.

Un progetto di rigenerazione urbana e sociale

Margherita è un simbolo e una speranza. La sua presenza è frutto della realizzazione del progetto CRESCO della Fondazione Paolo Bulgari, progetto di rigenerazione urbana e di aggregazione sociale, e di un lavoro di collaborazione tra istituzioni e associazioni del territorio iniziato diversi anni fa. La piazza è stata inaugurata nella sua nuova e sgargiante veste il 23 dicembre. Quattro mesi dopo, si aggiunge una tappa importante: la “consegna” del Patto di collaborazione che lega tra loro i firmatari per prendersi cura di Largo Mengaroni.

Sessantasei abitanti del quartiere, dodici associazioni o gruppi informali, una scuola e una parrocchia, insieme al Municipio VI e all’Ama.

È il primo patto di collaborazione realizzato a Tor Bella Monaca grazie al nuovo “Regolamento dell’Amministrazione Condivisa dei Beni Comuni” approvato da Roma Capitale a maggio scorso.

Una piazza rinata

«Dopo i lavori, oggi finalmente si riconsegna la piazza e il patto di comunità: un patto con tante associazioni, con il municipio, con Ama, che vuole restituire dignità a questa piazza e farla diventare un luogo d’incontro come le nostre vecchie piazze, un luogo d’incontro fruttuoso, un laboratorio di idee e di azioni per le persone che vivono nei dintorni», dichiara l’assessore alle politiche sociali e sanitarie del municipio Romano Amato. «È un grande risultato: una grande comunità finalmente entra in opera in un quartiere che ha alti livelli di disagio. Ci sarà un tecnico di riferimento del municipio per eventuali interventi di manutenzione, quando saranno necessari», aggiunge Amato. Le parole d’ordine sono rigenerazione partecipata e collaborazione.

 

Palazzi a Tor Bella Monaca, quartiere ad est di Roma, conosciuto finora per fatti di cronaca (Foto: Alice Scialoja)
Palazzi a Tor Bella Monaca, quartiere ad est di Roma, conosciuto finora soprattutto per fatti di cronaca (Foto: Alice Scialoja)

 

Creare (nuove) comunità

«Il senso di questo intervento della Fondazione, di questo cantiere di rigenerazione educativa è quello di creare innanzitutto comunità», spiega Giulio Cederna, direttore della Fondazione Paolo Bulgari.

«Con questo accordo tutti i firmatari si impegnano, ciascuno per la propria parte, a fare qualcosa per curare questo spazio che si considera un bene comune; è un lavoro collettivo».

Se tutto andrà come deve andare, questo è solo l’inizio: il patto è uno strumento aperto. La riqualificazione di largo Mengaroni parte dal volere di chi quell’ambiente lo vive tutti i giorni e si tratta ora di manutenerlo insieme. A Roma è uno dei primi patti, il primo che vede l’adesione dell’Ama.

I patti di collaborazione, da Bologna a Roma

La festa si celebra, peraltro, a dieci anni dalla nascita dei patti di collaborazione, di cui Bologna è stata la prima a dotarsi. «Nel 2014 insieme al Comune di Bologna abbiamo scritto un regolamento comunale tipo, che traduce il principio di sussidiarietà che è nella Costituzione, articolo 118 primo comma», commenta Gregorio Arena, fondatore di Labsus (acronimo di laboratorio per la sussidiarietà), anche lui in piazza.

«Quell’articolo dice che i poteri pubblici – lo Stato, le Regioni, i Comuni – favoriscono le autonome iniziative dei cittadini singoli o associati per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. Si riconosce che i cittadini autonomamente si attivano e mettono risorse a disposizione della collettività».

L’amministrazione deve favorire l’autonoma iniziativa, quindi fornire strumenti, sostegno, formazione, spazi dove riunirsi. I cittadini ci mettono del loro: tempo, competenze, conoscenza del territorio, reti di relazioni, idee. «I patti, di fatto, sono un antidoto alla solitudine», conclude Arena.

Un antidoto alla solitudine

Ma è cambiata veramente questa piazza? Tanto, assicura Claudia Bernabucci: «Adesso è piena di vita, di colori, di giochi, di possibilità. Ci sono dei tavoli con le scacchiere per il gioco degli adulti, c’è un playground e il campo di basket per tutte le età, un’area giochi che i bambini di questo quartiere avevano diritto di avere, c’è un palco aperto nel centro della piazza che può essere animato da tutte quelle persone che hanno qualcosa da offrire, da condividere». Sopraggiunge Claudio, un uomo di mezza età, che quasi grida. Non è d’accordo: preferiva il parcheggio com’era prima e non ama quei colori, il giallo e l’arancione della nuova pavimentazione. Ma è l’unica voce di dissenso in questo pomeriggio, in cui i bambini e le bambine giocano sulla pista da skate, che prima non c’era, e sulle altalene per i più piccoli.

Ora in piazza ci si può anche sedere, ci sono le panchine.

E «i posti auto eliminati erano quattro», gli risponde Claudia Bernabucci, che lo chiama per nome, nel ringraziarlo comunque per la partecipazione.

 

 

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Alice Scialoja
Alice Scialoja
Alice Scialoja, giornalista, lavora presso l'ufficio stampa di Legambiente e collabora con La Stampa e con La Nuova Ecologia. Esperta di temi ambientali, si occupa di questioni sociali, in particolare di accoglienza. Ha pubblicato il libro A Lampedusa (Infinito edizioni, 2010) con Fabio Sanfilippo, e i testi Neither roof nor law e Lampedusa Chapter two nel libro Mare Morto di Detier Huber ( Kerber Verlag, 2011). È laureata in Lettere, vive a Roma.

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