Un ritratto di Arnaldo Pomodoro

Un ritratto di Arnaldo Pomodoro (Foto: Carlo Orsi)

È un legame che viene da lontano quello tra Arnaldo Pomodoro e la Capitale: i romani hanno una certa famigliarità con le imponenti sculture in bronzo che troneggiano in diverse celebri piazze della città, come la Sfera grande, di fronte al Ministero degli Affari Esteri o l’obelisco Novecento, a piazzale Nervi. È un’occasione da non perdere, dunque, quella di accostarsi con maggiore attenzione, guidati dall’ottima curatela di Lorenzo Respi e Andrea Viliani, ad alcune sue opere che hanno trovato sede temporanea al Palazzo della Civiltà Italiana, all’EUR, in occasione della mostra Arnaldo Pomodoro. Il Grande Teatro delle Civiltà, organizzata da Fendi in collaborazione con la Fondazione Arnaldo Pomodoro. Il monumentale Colosseo Quadrato, progettato negli anni Trenta e dal 2013 sede di Fendi (la maison romana, proprietà del gruppo LVMH, ha un contratto d’affitto di 15 anni dello storico edificio) si configura come luogo d’eccellenza per ripercorrere il percorso dell’artista quasi 97enne che sin dagli anni Sessanta ha affrontato la tridimensionalità e sviluppato una ricerca instancabile sulle forme geometriche, squarciate e scavate con l’intento di romperne la perfezione e scoprire il mistero che vi è racchiuso: una perfezione levigata a cui fa da contraltare la caotica complessità dell’interno.

 

Arnaldo Pomodoro
Arnaldo Pomodoro. L’artista, oggi quasi 97enne, sin dagli anni Sessanta ha affrontato la tridimensionalità e sviluppato una ricerca sulle forme geometriche, rompendone la perfezione (Foto: Veronica Gaido)

 

Accolgono il visitatore un cubo, una piramide, un cono e un rettangolo sono le 4 Forme del mito realizzate negli anni Ottanta come macchine sceniche dell’artista Emilio Isgrò, ispirato all’Orestea di Eschilo: sono il potere, ovvero Agamennone, la macchina, Egisto, l’ambizione, Clitennestra e la profezia, Cassandra, a dare il là alla messa in scena romana, al fianco delle statue equestre in marmo, all’interno dell’architettura razionalista, gelida e metafisica insieme, che da più di 70 anni ci ricorda di essere «un popolo di poeti di artisti di eroi, di santi di pensatori di scienziati, di navigatori di trasmigratori». D’altronde il teatro, per l’artista, è da sempre il luogo della ricerca per eccellenza:

«L’esperienza teatrale mi ha aperto nuovi orizzonti e mi ha incoraggiato e persino ispirato a sperimentare nuovi approcci e nuove idee per le sculture di grandi dimensioni, perché il teatro mi dà un senso di libertà creativa: mi sembra di poter materializzare la visionarietà».

Le sue opere scenografiche, di cui in mostra è possibile ammirare anche alcuni interessanti bozzetti provenienti dall’archivio, possiedono una propria autonomia linguistica, resistono nel tempo e soprattutto hanno fatto intravedere all’artista nuovi sviluppi espressivi e nuovi contesti. Come lui stesso scrive: «l’esperienza teatrale che abbraccio con entusiasmo mi ha anche posto in una nuova prospettiva in relazione agli architetti con i quali lavoro e per l’environment della vita urbana».

 

 

Varcata la facciata di 54 arcate, Arnaldo Pomodoro. Il Grande Teatro delle Civiltà propone circa 30 opere create tra la fine degli anni Cinquanta e il 2021 e  volte ad esplorare il legame tra arti visive e arti sceniche, insieme a fotografie, documenti, bozzetti e disegni (molti dei quali inediti, grazie alla raccolta minuziosa che lo stesso scultore ha fatto sin dall’inizio della sua attività di tutti i materiali utili a documentare il suo fare artistico). Nel vestibolo di ingresso del Palazzo della Civiltà Italiana, sono collocati il Costume di Didone (per La tragedia di Didone, regina di Cartaginedi Christopher Marlowe, messa in scena a Gibellina nel 1986), e il Costume di Creonte (per Oedipus Rex di Igor’ Stravinskij, rappresentato a Siena nel 1988).

 

 

Le battaglie, opera di Arnaldo Pomodoro
Le battaglie, opera di Arnaldo Pomodoro (Foto: Agostino Osio)

 

Si prosegue in due sale speculari e una sala di raccordo, pensate come due atti di un’opera teatrale con un intermezzo: a destra, Le battaglie (1995), di colore nero, a sinistra Movimento in piena aria e nel profondo (1996-1997), di colore bianco. Fanno da corollario, la Grande tavola della memoria (1959-1965), una riflessione sul bassorilievo e sulla tecnica antica della fusione sull’osso di seppia, e Il cubo (1961-1962), che coincide con l’avvio di una ricerca sulle forme elementari della geometria euclidea. 

A fare da raccordo, la Rotativa di Babilonia (1991), collocata all’esterno e visibile dalle vetrate del Palazzo, che suggerisce l’idea di un movimento ciclico e continuo, nel tempo e nello spazio. Nel corridoio interno, invece, è esposta la serie delle Tracce (1998), composta di 21 rilievi calcografici bianchi, neri e ruggine.

Chiudono l’esposizione un rilievo in bronzo, Continuum (2010), apoteosi di quei segni caratteristici delle prime opere dell’artista, e, sul loggiato del terzo piano, Osso di seppia (2011-2021), matrice simbolica di tutte le opere di Pomodoro, che ha iniziato la sua ricerca scultorea proprio incidendo l’osso di seppia.La matrice è presente anche nell’ambiente Ingresso nel Labirinto, collocato nell’ex sede espositiva della Fondazione Arnaldo Pomodoro, a Milano, presso cui Fendi ha la sua sede milanese dal 2013. Le due realtà, infatti, collaborano da tempo in un’ottica di rispetto per l’eredità storica, di sostegno e diffusione di linguaggi artistici contemporanei, di ricerca di nuove forme di partnership basate sulla sostenibilità e l’innovazione. La mostra Arnaldo Pomodoro. Il Grande Teatro delle Civiltà resta aperta fino al primo ottobre 2023, a ingresso gratuito tutti i giorni dalle 10 alle 20.

 

Saperenetwork è...

Francesca Romana Buffetti
Antropologa sedotta dal giornalismo, dirige dal 2015 la rivista “Scenografia&Costume”. Giornalista freelance, scrive di cinema, teatro, arte, moda, ambiente. Ha svolto lavoro redazionale in società di comunicazione per diversi anni, occupandosi soprattutto di spettacolo e cultura, dopo aver studiato a lungo, anche recandosi sui set, storia e tecniche del cinema.

Sapereambiente

Vuoi ricevere altri aggiornamenti su questi temi?
Iscriviti alla newsletter!


Dopo aver inviato il modulo, controlla la tua casella di posta per confermare l'iscrizione

 Privacy policy


Parliamone ;-)