Una strada di Cesena, ancora coperta di fango

Una strada di Cesena, ancora coperta di fango (Foto: Instagram/Comune di Cesena)

Cesena e il suo doppio

Una città divisa in due dall’alluvione, con una parte toccata appena dal fenomeno estremo e l’altra che si lecca le ferite. Uno sguardo ravvicinato fra giovani che spalano il fango, ponti sopraffatti dalle acque e altri che sopportano il traffico fra le sponde del Savio. E il dubbio che l’estate romagnola alle porte faccia dimenticare questa lezione

Stamane, secondo giorno dopo il diluvio del 16 maggio, Cesena è doppia. La parte della città non sommersa dal Savio è meno spettrale di ieri ma ugualmente in apparenza indifferente al dramma di quella inondata. Nella Piazza del popolo, cuore cittadino, c’è perfino una bancarella del mercato, nonostante a poche centinaia di metri, dopo che il Savio è esondato nel suo tratto urbano che corre dallo storico Ponte vecchio fino al Ponte Europa, in direzione della ferrovia, un’altra Cesena si sta, come si suol dire, leccando le ferite. Che il gran numero di giovani al lavoro con pala e stivaloni non basta per nulla ad edulcorare. Box, cantine, tavernette e naturalmente cortili di intere vie sono ancora pieni d’acqua e fango. Ovunque cataste di mobili, masserizie varie, elettrodomestici da buttare. La corrente ha svuotato un In’s della sua mercanzia: ieri galleggiava intono al canotto dei soccorsi, oggi due signore cercano di recuperare le confezioni recuperabili ordinandole in base al contenuto.

 

 

Al di là del Savio

Immergendo i piedi nel fango fino alle caviglie mi dirigo in via Caprera, nell’Oltresavio, uno dei tre quartieri cesenati più aggrediti dalle acque tracimate insieme a quello dove c’è l’ippodromo e l’altro in direzione di Ravenna e il mare, tutti prossimi al fiume. Al civico 22 si trova la sede della casa editrice “Il Ponte Vecchio”, la voce editoriale della Romagna con pubblicazioni storiche, poetiche, artistiche, urbanistiche e quant’altro su questa quasi regione. In qualche modo un presidio della romagnolità. L’acqua l’ha sommersa fino ad un metro e settanta, mi dice uno dei soccorritori.

«Tutto perso!» conferma Marzio Casalini, figlio del Roberto Casalini fondatore della casa editrice e assessore alla cultura cesenate negli anni ’70-’80.

Ai lati dell’ingresso montagne di libri e carte varie potrebbero ispirare qualche distopia alla Anselm Kiefer.

Ponti di ieri, ponti di oggi

Rientro quindi in centro sempre passando per il Ponte vecchio, l’unico collegamento possibile tra le due rive del fiume e della città. È del XIX secolo, a gobba, stretto, quasi senza marciapiedi e gli automezzi procedono in coda a passo d’uomo, autobus compresi. Ma poiché dalla cima oltre al Savio oggi basso e inoffensivo, per quanto limaccioso, si scorge in lontananza il Ponte Europa, nuovo e ciclabile ma ancora chiuso, non trattengo il sarcasmo: un ponte di due secoli e mezzo fa si sta rivelando più resiliente dei due moderni, l’Europa e il Nuovo. E la vecchia ed esausta via Emilia non chiude, mentre l’autostrada A14 tra Forlì e Faenza e la sotterranea che attraversa Cesena sì. Come la tratta della ferrovia Rimini-Bologna. Il cui ponte cesenate ha fatto da tappo alla corrente per via dei detriti trascinati generando la terza area di esondazione…

 

 

Responsabilità a monte

Certo, la responsabilità sta tutta nella Romagna a monte che non ha trattenuto 200 millimetri di precipitazioni in 48 ore.

«Parliamo di 10-13 centimetri, non 40: è meno di un palmo di una mano, non la fine del mondo» sostiene un ambientalista della valle dell’Uso, che corre tra il Rubicone e il Marecchia più a sud, i cui ponti sono stati o sommersi o, a Santarcangelo di Romagna, chiusi perché il fiume è ingrossato.

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In verità dall’1 al 17 maggio in certi punti più elevati dell’entroterra romagnolo si sono toccati i 400-500 millimetri di pioggia. L’evento senza dubbio è eccezionale. Resta tuttavia la circostanza di tanti corsi d’acqua maggiori e minori che in pianura tutti insieme ci hanno ricordato che non bastano i percorsi ciclopedonali lungo le rive dei maggiori. L’Emilia-Romagna è terza per consumo di suolo. Molto per la logistica e la grande distribuzione. Ed è curioso come l’unico rio a non far parlare di sé, perché non ha fatto disastri, sia stato proprio il Cesuola, il fosso che attraversa Cesena in sotterranea prima di immettersi nel Savio. Per il suo adattamento ad eventi estremi come questo sono stati programmati dalla Regione lavori per 20 milioni di euro.

Un altra perplessità tra le tante che speriamo l’estate romagnola alle porte non metta nel cassetto e basta.

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Giuseppe Fabbri
Nato a Porto Mantovano (MN) nel 1955, ha scritto per periodici e giornali nazionali ed è stato cronista e redattore del quindicinale locale Cittanostra dal 1999 al 2007. Successivamente ha collaborato, a Sesto, al quindicinale Lo Specchio. Ha pubblicato il volume "Sesto, alla sinistra del potere".

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