Wwf, i crimini di natura quarto mercato illegale al mondo
L’associazione lancia l’allarme: i reati contro la natura valgono 280 miliardi di dollari l’anno e sono un settore in crescita. L’Italia è crocevia di traffici illeciti di specie protette. Le pene nel nostro paese sono irrisorie, e con la riforma del codice penale la situazione rischia di precipitare
Nonostante la carenza di banche dati e una normativa ancora troppo blanda, non c’è alcun dubbio, i crimini contro la natura sono sempre più diffusi. L’Italia detiene il triste primato di essere crocevia per il traffico illegale, interno e internazionale, di specie vegetali, animali e parti di essi spesso portato alla luce dalle operazioni condotte dalle autorità in porti e aeroporti.
Ma solo il 27% dei procedimenti che riescono ad arrivare a processo arriva a sentenza definitiva di condanna. E adesso, con la riforma del processo penale questo numero rischia di diventare ancora più basso.
La parola al padre della tutela giuridica della #natura in Italia, Gianfranco Amendola
“Ho fatto il magistrato per 50 anni, e avrei continuato a farlo anche gratis, ma ora sono in pensione”
Amendola esamina e spiega le sentenze della Cassazione su #pesca illegale
Workshop #SWiPE pic.twitter.com/pUkUQ6bf79— wwfitalia (@WWFitalia) April 14, 2023
I dati di Life Swipe (Successful Wildlife Crime Prosecution in Europe), progetto finanziato dalla Commissione europea di cui il Wwf Italia è partner, parlano chiaro: con entrate per 280 miliardi di dollari l’anno, i crimini contro la natura sono la quarta attività criminale più redditizia al mondo, preceduti solo dal traffico di droga, dalla contraffazione e dal contrabbando di armi. E sono un settore indiscutibilmente in crescita.
«C’è una diffusa sottovalutazione del fenomeno dei crimini contro la natura, che vanno derubricati da episodi isolati o locali – spiega Luciano Di Tizio, presidente di Wwf Italia – bracconaggio e traffico di specie protette sono fenomeni criminali che hanno impatti gravi sulla biodiversità, possono essere veicolo di diffusione di patologie e producono ingenti redditi. Wwf chiede banche dati efficienti e interconnesse, di potenziare il controllo sul territorio, indebolito negli ultimi anni con la dismissione delle polizie provinciali, e attività di formazione e sensibilizzazione, sia per il grande pubblico che per le forze di polizia e magistratura».
Il problema è il sistema di repressione di questi illeciti, che purtroppo ha delle falle enormi: secondo un report del Wwf tra il 41 e il 46% degli illeciti vengono archiviati prima del dibattimento, e fra il 38-50% vanno in prescrizione. Chi uccide una specie protetta può cancellare dalla fedina penale il proprio crimine con soli 1.000 euro, e le sanzioni per i crimini contro gli animali selvatici sono bassissime. E poi due terzi degli agenti deputati alla vigilanza su questi crimini sono volontari. Non esiste poi una banca dati centralizzata sui crimini di natura, non c’è un tracciamento del fenomeno che provoca ogni anno una grave riduzione del capitale naturale del nostro Paese, nonostante l’Italia sia dotata di un Piano di azione Nazionale “Antibracconaggio”, adottato per dare risposta alle richieste di miglioramento delle azioni di contrasto formulate dall’Unione Europea.
Un vulnus da colmare, motivo per cui il Wwf ha annunciato il lancio di una maratona dal 22 aprile a fine maggio, #STOPCRIMINIDINATURA, per informare e sensibilizzare il pubblico.
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