A Tonga arrivano i primi soccorsi. Allarme per acqua potabile e Covid-19

Nell’arcipelago polinesiano colpito dall’eruzione del vulcano Hunga Tonga, atterrati dopo 5 giorni di isolamento due voli umanitari da Australia e Nuova Zelanda. Ancora incerta la conta dei morti e i danni, mentre arrivano i primi racconti dei sopravvissuti. Ora si teme per approvvigionamento idrico e diffusione del virus Sars-Cov 2

La cenere è ancora ovunque, come una coltre infernale, e la conta di morti (tre finora quelli certi) e danni è ancora difficile da fare, ma almeno, dopo cinque giorni di isolamento a Tonga stanno arrivando  i primi aiuti umanitari.

Un C17 Globemaster partito dalla base militare australiana di Amberley e un Hercules C-130 da Auckland, Nuova Zelanda, i primi aerei atterrati giovedì 20 gennaio alle 7.00 di mattina e poco dopo le 16.00 ora locale all’aeroporto di Tongatapu a Nukualofa, capitale dell’arcipelago travolto dall’eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha’apai e dal conseguente tsunami.

 

 

Acqua potabile, generatori di elettricità, prodotti per l’igiene di base e apparecchi per comunicare, ma anche strumenti per desalinizzare l’acqua e un dispositivo per facilitare la pulizia della pista dell’aeroporto. Questo sostanzialmente il carico dei due aerei giunti nel regno polineasiano, che sono riusciti ad atterrare nel principale aeroporto dopo che la pista è stata faticosamente pulita.

Squadre di soccorso, forze armate locali e centinaia di volontari hanno lavorato disperatamente in questi giorni per eliminare lo spesso strato di cenere sulla pista dell’aeroporto della capitale Nuku’alofa, che impediva l’atterraggio degli aerei.

“Uno sforzo gigantesco”, lo ha definito  Jim Gilmour, il comandante della spedizione neozelandese, che dovrebbe rientrare stasera in Nuova Zelanda per condurre un’ulteriore operazione di aiuto sabato.

 

 

Anche le comunicazioni stanno cominciando lentamente a tornare ad una parvenza di normalità, con i collegamenti telefonici parzialmente ripristinati. Diversa la situazione per internet. L’eruzione del 15 gennaio aveva danneggiato l’unico cavo in fibra ottica che collega lo stato insulare al resto del mondo, complicando ulteriormente le attività di soccorso.

Si stima che comunque potrebbero essere necessarie fino a quattro settimane prima che il cavo che assicura il collegamento internet a Tonga riparta.

 

     Guarda il video della Reuters a Tonga 

 

Intanto cominciano ad emergere le prime testimonianze. «La prima esplosione… le nostre orecchie suonavano e non potevamo nemmeno sentirci, quindi tutto ciò che facevamo era di indicare alle nostre famiglie di alzarsi, prepararsi a correre», ha raccontato alla Reuters la giornalista locale Marian Kupu in uno dei primi resoconti di testimoni oculari emersi.

La preoccupazione, adesso, come già emerso dalle parole della Caritas australiana, è anche per la mancanza di acqua potabile: «Ogni casa ha i propri serbatoi di approvvigionamento idrico, ma la maggior parte sono pieni di polvere, quindi l’acqua che contengono non è sicura da bere».

 

              Guarda il video dell’eruzione della ABC News Australia 

 

Sempre Kupu, nel racconto fatto alla BBC: «Dopo l’eruzione tutta Tonga è diventata grigia. Tutti, persone, cani, macchine ed edifici, erano tutti coperti di cenere».

 

 

L’accesso alle risorse idriche è un problema urgente, “una necessità del tutto prioritaria” in una situazione “catastrofica”, per la diplomatica australiana Rachael Moore, che si occupa dei rapporti con Tonga, intervistata dalla Reuters.

E mentre emergono storie di impatto mediatico come quella di Lisala Folau, l’uomo di 57 anni ribattezzato “Aquaman della vita reale”, perché sarebbe sopravvissuto nuotando, secondo quanto da lui dichiarato, per circa 27 ore dopo essere stato trascinato in mare durante lo tsunami di sabato, il timore adesso è anche per una possibile diffusione dei contagi da Covid-19.

 

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L’arcipelago infatti, che secondo i dati dell’Oms ha vaccinato oltre l’80% della popolazione, è al momento considerato “libero” dalla pandemia, per cui le autorità locali temono che insieme agli aiuti umanitari possa giungere anche il virus.

Motivo per cui, mentre il Giappone ha annunciato l’invio di due C-130, seguito da Cina e Francia, sono state fissate delle misure di precauzione e dei protocolli molto rigidi per la consegna degli aiuti.

 

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Valentina Gentile
Nata a Napoli, è cresciuta tra Campania, Sicilia e Roma, dove vive. Giornalista, si occupa di ambiente per La Stampa e di cinema e società per Libero Pensiero. Ha collaborato con Radio Popolare Roma, La Nuova Ecologia, Radio Vaticana, Al Jazeera English, Sentieri Selvaggi. Ha insegnato italiano agli stranieri, lingua, cultura e storia del cinema italiano alle università americane UIUC e HWS. È stata assistente di Storia del Cinema all’Università La Sapienza di Roma. Cinefila e cinofila, ama la musica rock, i suoi amici, le sfogliatelle e il caffè.

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