Alla ricerca dei profumi della musica. Intervista a Michele Mo
In occasione della nuova stagione dell’Orchestra Filarmonica di Torino, il direttore artistico ci parla del programma di quest’anno. Che mette insieme evocazioni olfattive, letterarie, pittoriche e intelligenza artificiale. Perché la musica classica è anche futuro, ed è aperta a tutti…
Le emozioni a volte percorrono strade inaspettate. Succede con la musica, che è questione di sensi, e non necessariamente solo di udito. L’Orchestra Filarmonica di Torino da qualche anno è capofila di nuovi percorsi emotivi, sensoriali, che coinvolgono nell’approccio alla musica classica “nuovi” sensi e, di conseguenza, aprono a un nuovo pubblico. Quest’anno la stagione è dedicata ai Profumi, in un gioco di rimandi tra brani musicali e fragranze olfattive.
Un gioco evocativo, perché la musica, proprio come i profumi, è un viaggio nella memoria, tra fantasia, letteratura, arte, pittura e ricordi personali.
Ma i viaggi evocativi proposti dalla Oft però non si fermano qui, perché nello straordinario programma frutto del lavoro del team artistico formato dal presidente e direttore artistico Michele Mo, dal direttore musicale Giampaolo Pretto e dal segretario generale Gabriele Montanaro, c’è spazio per Proust, Botticelli, i mastri profumieri dell’800 con i loro laboratori artigianali, ma anche per l’intelligenza artificiale e per il futuro. Perché la musica è per tutti, come ci ha detto il presidente e direttore artistico Michele Mo, facendoci toccare con mano, naso e orecchie la meraviglia della stagione musicale che apre proprio stasera, 24 ottobre, al Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino.
La stagione dell’Orchestra Filarmonica di Torino comincia stasera, 24 ottobre. Ha un nome molto evocativo, Profumi. Ci spiega perché?
Noi diamo da anni un titolo alla nostra stagione. Quest’anno abbiamo scelto Profumi proprio perché ci sembra estremamente evocativo: i profumi ci ricordano sempre qualcosa, così come l’ascolto di musiche. Fanno sognare, tornare alla mente dei ricordi, è frequente tornare nel passato con la memoria partendo da un profumo che si sente. Vogliamo suggerire un accompagnamento agli spettatori che vengono in sala. Abbiamo scelto di ispirarci alle sette famiglie olfattive che l’accademia dei profumieri francesi nell’800 aveva stilato. Le famiglie dei profumi sono sette e in più noi abbiamo aggiunto il profumo dell’Orchestra filarmonica di Torino in un concerto. Proprio per decretare la creazione di una nuova famiglia di profumi, la nostra.
Sono profumi concreti o solo a livello evocativo, attraverso al musica?
A livello evocativo. Le famiglie di profumi contengono vari profumi, noi ci siamo ispirati a quelle. Ci sono gli agrumati, l’oriente, il cuoio, il legno, i fiori…all’interno di queste famiglie abbiamo messo delle musiche che in qualche misura abbiano un’attinenza con le famiglie dei profumi. Per cui c’è una reale corrispondenza. Ovviamente nel nostro pensiero…è un suggerimento a chi ci ascolta. Ad esempio, per gli agrumi abbiamo pensato ad un sassofono solista, che ha un suono un po’ pungente, che ricorda il profumo agrumato. Sono suggerimenti d’ascolto per chi viene in sala.
Sembra un viaggio anche letterario. E viene in mente, ovviamente, Proust. Come sono stati abbinati gli autori con i vari profumi? Ci fa un esempio concreto?
Prendiamo il concerto Fiori, l’ultimo della stagione: c’è il Trittico botticelliano di Respighi, gli Uccelli per piccola orchestra, e la sinfonia di Heidel, Oxford. Viene in mente la primavera con i fiori, e il trittico botticelliano è un riferimento anche pittorico, gli uccelli perché in primavera tornano le rondini, e la Oxford è una sinfonia estremamente fiorita come si dice in termini musicali, ovvero con molti ornamenti di scrittura che ricordano i petali dei fiori. Non è possibile fare un’attinenza perfetta, ma ci sono suggestioni che abbiamo curato.
Ci sono delle suggestioni pittoriche, letterarie, mentali, olfattive, ma c’è anche spazio per l’intelligenza artificiale. In che modo?
È stato un po’ un gioco. I profumi si creano ancora nelle botteghe. Ci sono i mastri profumieri, ci vuole tempo, dedizione. Questo lavoro di bottega rappresenta molto il lavoro che si fa con la musica. La creazione di un concerto, le prove che si fanno, sono le stesse che si facevano 200 anni fa. La tecnologia, che in vari settori ha velocizzato i processi, in questo ambito non è entrata. Così come in altri settori di bottega.
Perciò abbiamo chiesto all’intelligenza artificiale di creare delle immagini che rappresentassero dei profumi., inserendo parole chiave attinenti alle famiglie dei profumi.
Il mondo della musica classica è ancora estremamente legato al passato, abbiamo giocato cercando di legarlo alla velocità da scheggia impazzita del computer e dell’intelligenza artificiale, che può creare delle immagini da semplici parole chiave. Un gioco abbastanza divertente.
Questo gioco in che modo ha a che fare con gli spettatori? Le immagino saranno proiettate durante i concerti?
No, per non disturbare l’ascolto. Saranno sui programmi di sala e sul nostro programma generale. Per ogni concerto c’è un’immagine realizzata dall’ia che accompagnerà il concerto in formato cartaceo.
Qual è il legame con le Alchimie (questo il titolo della stagione dello scorso anno, ndr) dello scorso anno? In parte sembrerebbe esserci un processo analogo…
Ci sono varie analogie. Un po’ quello che ho detto a proposito di laboratorio, tempo e bottega. Lo scorso anno, i metalli alchemici erano sette così come le famiglie olfattive. Avevamo la pietra filosofale come “summa”, quest’anno il profumo Oft. E poi le tre fasi alchemiche ricordano le tre parti di un profumo, testa, corpo e coda. Proprio come nella musica, la testa è la fase della prima impressione, poi c’è il corpo, che rimane dopo un po’ e la coda che perdura. Le tre parti dei profumi sono come le fasi dell’ascolto. La prima impressione più frizzante, il corpo resta quando ci si alza si esce, e la coda rimane anche dopo.
Guarda il video dell’Oft
Una diramazione molto suggestiva. Immagino che questo tipo di analogie sia stato un lavoro di gruppo…
Sì. Ho un team fantastico. Io sono il titolare, direttore artistico, ma il confronto con Giampaolo Pretto che è il direttore musicale e con Gabriele Montanaro che è il nostro assistente, è quotidiano e ci siamo molto confrontati. Abbiamo lavorato insieme al nostro grafico per l’intelligenza artificiale e per le immagini. È un lavoro di team sempre molto interessante. Emergono suggerimenti, ragionamenti che fanno andare avanti le cose, facendo diventare le nostre stagioni un unicum. Non è una proposta solamente musicale. Come dicevamo, ci sono dietro molte altre suggestioni, letterarie, pittoriche, filosofiche.
Infatti a quanto pare non ci sono ancora state sperimentazioni e idee analoghe altrove. Ma avete avuto un riscontro nel pubblico?
Il dato più significativo è stato che la stagione scorsa, la prima post pandemia, abbiamo recuperato tutti i nostri abbonamenti. Suoniamo in una sala di 680 posti per il pubblico, avevamo 550 abbonamenti. Praticamente sold out solo con abbonamenti. È un dato significativo: dopo la pandemia non tutti gli enti sono riusciti a recuperare una quota così significativa di pubblico. Il pubblico della Oft è molto variegato.
C’è stata una diversificazione nel vostro pubblico, una maggiore apertura, anche grazie a queste idee coinvolgenti?
Proponendo questo tipo di stagioni abbiamo avvicinato anche un pubblico curioso, più giovane, quello che, per intenderci, di solito si lamenta che nelle sale da concerto c’è una partecipazione di persone con età elevata. Abbiamo raggiunto una quota di under 50 decisamente significativa, proprio grazie alla curiosità. Il pubblico si è molto affezionato all’orchestra come brand. Le nostre proposte originali, fuori dagli schemi riscuotono successo. La risposta del pubblico è notevole.
Avete reso più accessibile la fruizione della musica classica. In questo Torino forse è una città innovativa, ha una grossa tradizione classica ma riesce a essere innovativa. Almeno questa è l’impressione. È d’accordo?
Sì. È una città che contiene tutti gli ingredienti, da quelli più tradizionali a quelli più scanzonati e innovativi. C’è un clima di confronto con gli altri enti che producono musica e anche questo è raro. C’è un’ampia produzione e tante idee. Noi abbiamo provato a uscire dagli schemi “paludati” di quella che si pensa sia la musica classica, vestendola con qualcosa di più colorato, accattivante, giovanile. In fondo la musica è per tutti.
A proposito di Torino, recentemente è stata sotto i riflettori, per una vicenda che ha a che fare con la cultura e con il suo collega Christian Greco, direttore del Museo egizio (alcuni anni fa aveva istituito degli accessi scontati per le comunità musulmane, ndr). Voi avete fatto un’operazione di accessibilità originalissima, interculturale, esattamente come ha fatto lui. Che però è stato attaccato ferocemente. Si sente di dire qualcosa sulla vicenda?
Credo che gli attacchi fatti a Greco non meritino neanche di perdere tempo. È una persona straordinaria che tutti vorrebbero alla guida di un museo. Ha fatto e fa delle cose meravigliose.
Qualsiasi tentativo di avvicinare pubblico nuovo alle varie forme d’arte è da prendere ad esempio ed è una cosa meritoria.
Mi sembra che quella contro di lui sia stata una sterile polemica, di tipo ideologico, non c’entra nulla con la cultura e con i vari tentativi per invogliare le persone ad andare a vedere una mostra o a sentire un concerto.
Lei è un flautista, si è formato al Conservatorio di Torino. Che consiglio darebbe a un giovane che vorrebbe intraprendere la sua carriera?
I giovani ormai sono molto più attrezzati di quanto non lo fossimo noi. Il mio suggerimento è quello di guardarsi molto intorno provando nuove esperienze. Ma in realtà i giovani lo fanno già. Molti giovani musicisti dopo il percorso di studi in Italia vanno all’estero in orchestre internazionali, e l’internazionalizzazione di esperienze musicali è una cosa importante che si può fare oggi più facilmente rispetto al passato. Il suggerimento che do è quello di essere estremamente curiosi, oltre all’impegno.
Un’ultima domanda, Maestro: avete già in mente il “viaggio” del prossimo anno, sulla scia di Alchimie e Profumi?
Non ancora. Devo dire che sono idee che vengono abbastanza “di botto”. La stagione Prospettive di 2 anni fa, con focus sui solidi platonici, mi era venuta in mente andando a vedere una mostra di arte contemporanea al castello di Rivoli. C’era un cerchio con dei blocchi di tufo e questo mi aveva incuriosito e ispirato sulle tematiche delle forme. Al momento non ho ancora avuto un’ispirazione.
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Saperenetwork è...
- Nata a Napoli, è cresciuta tra Campania, Sicilia e Roma, dove vive. Giornalista, si occupa di ambiente per La Stampa e di cinema e società per Libero Pensiero. Ha collaborato con Radio Popolare Roma, La Nuova Ecologia, Radio Vaticana, Al Jazeera English, Sentieri Selvaggi. Ha insegnato italiano agli stranieri, lingua, cultura e storia del cinema italiano alle università americane UIUC e HWS. È stata assistente di Storia del Cinema all’Università La Sapienza di Roma. Cinefila e cinofila, ama la musica rock, i suoi amici, le sfogliatelle e il caffè.
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