cinque scienziati con tonaca

Cinque scienziati con la tonaca che dovete conoscere

Abbazie e conventi sono da sempre centri di cultura dove si custodiscono scritti preziosi, e dove viene praticata la scienza. Molti uomini e donne di fede  hanno dato un contributo importante alle scienze. Da Copernico a Mendel, da Ildegarda di Bingen a Giuseppe Mercalli, ecco cinque scienziati con la tonaca da conoscere

Una delle prime cose che impariamo di Gregor Mendel fin da bambini è che è stato il monaco che ha scoperto i meccanismi dell’ereditarietà genetica, così come sappiamo che Copernico era un presbitero polacco. D’altronde, le abbazie e i conventi sono state da sempre centri di cultura dove venivano custoditi e tramandati gli scritti più antichi e dove la scienza era praticata come osservazione e comprensione del creato. Ogni convento aveva il suo speziale, esperto botanico e farmacologo, e spesso la specola per l’osservazione del cielo. Tra gli scienziati con la tonaca non ci sono però solo botanici o astronomi, ma anche religiosi che hanno dovuto confrontare le loro scoperte e intuizioni con la fede, e una tenace suora senza la quale non sarebbe diventato così semplice per tutti noi usare un computer. È da lei che iniziamo la nostra galleria.

Mary Kenneth Keller

Mary Kenneth Keller nacque a Cleveland, Ohio nel 1913 e a diciannove anni entrò nel convento cattolico delle Suore della Carità della Beata Vergine Maria, cominciando il suo noviziato e prendendo i voti nel 1940. Iniziò quindi a insegnare e le sue doti e il suo interesse per le scienze le fecero ottenere il permesso di frequentare l’università, di laurearsi in matematica nel 1943 e specializzarsi nel 1953. Iniziò quindi a lavorare al Computer Center dell’Università di Darmouth, nel New Hampshire, unica donna, e contribuì allo sviluppo del linguaggio di programmazione Basic (Beginner’s All-purpose Symbolic Instruction Code) che ha permesso l’evoluzione degli elaboratori verso i personal computer.

 

Mary Kenneth Keller
Mary Keller credeva nelle potenzialità dei computer di migliorare l’accesso alle informazioni e promuovere l’istruzione

 

Proseguì quindi i suoi studi ottenendo, nel 1965, per prima negli Stati Uniti, insieme a un altro studente, il dottorato in Informatica diventando così la prima donna al mondo a ottenere questa formazione, all’età di 51 anni. Fondò e diresse per venti anni il Dipartimento d’Informatica del Clarke College in Iowa, un’università cattolica femminile sostenendo il coinvolgimento femminile nelle scienze informatiche. Suor Mary Keller invitava non solo le più giovani a frequentare i suoi corsi, ma anche le lavoratrici e le madri avendo capito la portata di quella che sarebbe stata la rivoluzione digitale. Fu consulente per lo sviluppo di software per la gestione di bilanci statali e ospedalieri, reinvestendo gli introiti così ottenuti nel Dipartimento d’Informatica. Il suo lavoro si focalizzò sulle potenzialità dell’informatica nell’istruzione, fondando l’Association of Small Computer Users in Education (Ascue). Preconizzò l’avvento della società dell’informazione, ammonendo sulla necessità di rendere disponibili a tutti l’accesso alle informazioni. Persino negli ultimi mesi di vita, quando, malata di cancro, era ricoverata in una struttura per anziani, continuò a insegnare ai suoi compagni l’uso degli elaboratori, studiando un sistema di gestione dei pasti dell’istituto. Morì nel 1985. Di come la sua formazione religiosa avesse influito sul suo lavoro, disse che la programmazione era stato un modo per esercitare le virtù cristiane di pazienza e umiltà: l’umiltà di ammettere che gli errori della macchina sono errori del programmatore, la pazienza di ricontrollare e correggere tutte le linee di codice errate.

Giuseppe Mercalli

Non tutti sanno che l’ideatore della famosa scala per misurare il grado di intensità dei terremoti era anche un sacerdote cattolico. Giuseppe Mercalli nacque a Milano nel 1850 in una famiglia di artigiani tessili. Compì i suoi studi in seminario, si iscrisse alla facoltà di Scienze Naturali e qui divenne allievo di Antonio Stoppani, conseguendo la laurea nel 1874 e iniziando ad insegnare in seminario. Su impulso del suo maestro, iniziò a studiare i ghiacciai ma poi rivolse la sua attenzione ai fenomeni vulcanici e tellurici.

 

Giuseppe Mercalli
Giuseppe Mercalli è diventato celebre per la scala  che misura l’intensità delle scosse sismiche in base agli effetti prodotti, e che porta il suo nome (Scala Mercalli)

 

Dopo aver insegnato a Reggio Calabria, ottiene la cattedra di Geologia e Mineralogia all’Università di Catania. Nel 1892 si spostò a Napoli dove diventò direttore dell’Osservatorio Vesuviano. Durante la sua direzione dell’istituto, introdusse nuove metodologie di ricerca e monitoraggio dell’attività del vulcano e dell’attività sismica e pre-sismica. Alla sua attività si deve la prima carta sismica dell’Italia, in cui suddivise i territori in base al rischio di terremoti, la pubblicazione di 115 studi e la Scala di osservazione della distruttività dei terremoti che porta il suo nome. La Scala Mercalli, a differenza della scala Richter che misura la magnitudo di un evento sismico, ne misura l’intensità attraverso l’osservazione della sua capacità distruttiva e dei cambiamenti ambientali che causa. La Scala Mercalli va da eventi che solo gli strumenti riescono a registrare al grado XII definito “apocalittico”. Per i suoi meriti scientifici fu proclamato Cavaliere della Corona d’Italia. Morì tragicamente nel 1914 nell’incendio della sua casa napoletana.

Georges Lemaître

Georges Edouard Lemaître è stato un fisico ed astronomo belga nato a Charleroi nel 1894. Già all’età di nove anni decise che sarebbe stato uno scienziato ma anche un religioso. Prima di prendere i voti, nel 1923, seguì la volontà paterna e terminò i suoi studi di matematica e fisica all’Università Cattolica di Lovanio nel 1920, entrando subito dopo in seminario. Si trasferì quindi all’osservatorio astronomico di Cambridge e poi al Massachusetts Institute of Technology dove ottenne il dottorato che gli consentì, ritornato in Belgio, di essere nominato professore ordinario all’Università di Lovanio, cattedra che mantenne fino a due anni prima della morte avvenuta nel 1966.

 

Georges Edouard Lemaître
Georges Edouard Lemaître, nel 1927 pubblicò l’ipotesi dell’atomo primigenio, oggi nota come teoria del Big Bang

 

A Georges Edouard Lemaître si deve quella che, con disprezzo, è stata definita la Teoria del Big Ben. In principio, infatti, la sua idea che la formazione dell’universo fosse dovuta a un’esplosione primordiale venne rigettata e, durante una trasmissione radiofonica del 1949, il fisico Fred Hoyle le diede questo nome ritenendola ridicola. In realtà Lemaître ipotizzò nel 1927 che l’universo fosse in espansione, formulando per primo una relazione tra la distanza e la velocità di recessione delle galassie, tanto da far ritenere che la Legge di Hubble, pubblicata nel 1929, dovesse essere rinominata Legge di Hubble-Lemaître. Anche la sua stima dell’età dell’universo coincide con quella attuale. Fu in un suo articolo pubblicato su Nature che espose la teoria dell’atomo primigenio da cui si sarebbe formato tutto l’universo e, sebbene con dei cambiamenti frutto di scoperte successive, la sua teoria è ormai accettata. Tuttavia, non trovò una facile via. Per primo Einstein pensò che fosse un’idea sbagliata, ammettendo in seguito il suo steso errore. Lemaître fu poi accusato di voler così conciliare la sua fede cattolica con l’astrofisica parlando di “momento della creazione”. Sostenitore della teoria dell’espansione illimitata dell’universo, continuò a usare nei suoi calcoli la costante cosmologica di Einstein, anche quando questi l’aveva abbandonata. A trent’anni dalla sua morte si riconobbe anche in questo caso l’esattezza delle sue intuizioni. Nel 1936 fu eletto membro della Pontificia Accademia delle Scienze e nel 1941 membro dell’Accademia reale di scienze, lettere e belle arti del Belgio. I suoi studi proseguirono, nei suoi ultimi anni, rivolgendosi all’informatica e ai nascenti computer. A lui sono dedicati un asteroide e un cratere lunare.

Nicola Stenone

Il primo gennaio del 1638 nacque a Copenaghen Niels Stensen, figlio di un orafo reale, destinato a diventare beato della Chiesa cattolica e padre della geologia. Stenone, così come è chiamato in italiano, studiò dapprima medicina nella sua città natale, poi ad Amsterdam e Parigi. Alle sue osservazioni anatomiche si devono il “dotto di Stenone” nella ghiandola paratiroidea, l’osservazione e la descrizione delle ghiandole endocrine, delle ovaie e delle tube ovariche. Nel 1666 fu chiamato alla corte Medicea, che già accoglieva Redi e Malpighi, dove si occupava di raccolta di reperti naturalistici e dove nacque il suo interesse per gli studi di geologia.

 

Niccolò Stenone
Niels Stensen ( in italiano Niccolò Stenone) è considerato il padre della geologia e della stratigrafia. Originariamente luterano, si convertì al Cattolicesimo e fu ordinato dapprima presbitero e poi vescovo

 

Rimasto colpito dai riti del Corpus Domini ai quali aveva assistito a Livorno, nel 1667 si convertì al cattolicesimo e nel 1675 ordinato sacerdote. Due anni dopo la sua conversione pubblicò De solido intra solidum naturaliter contento dissertationis prodromus nel quale sono enunciati i principi che hanno dato vita alla stratigrafia. Le sue osservazioni di geologia e paleontologia permisero di formulare i concetti sulla formazione degli strati. Grazie ai suoi studi sulla sovrapposizione degli strati geologici, iniziò a dare un’interpretazione del ritrovamento dei fossili e a dare inizio a una primordiale datazione geologica, stabilendo, ad esempio, che le colline fiorentine erano più giovani rispetto agli Appennini alle loro spalle. Le sue scoperte poi sui fossili marini ritrovati nelle rocce poneva la questione dell’evoluzione della Terra, concetti ben difficili da affrontare sia per le conoscenze dell’epoca sia per la fede del suo scopritore. Dopo essere stato ordinato vescovo nel 1677 abbandonò i suoi studi scientifici dedicandosi all’opera pastorale che lo vide fra gli attori principali della controriforma. Un anno prima della morte rinunciò alla sua carica vescovile per tornare al sacerdozio e alla sua morte, nel 1686, Cosimo III dei Medici volle che la sua salma fosse portata a Firenze. Il 23 ottobre 1988 fu beatificato da Giovanni Paolo II. Il suo amore per la conoscenza e la sua curiosità sono riassunte nel suo motto: «Belle sono le cose che si vedono, più belle quelle che si conoscono, bellissime quelle che si ignorano».

Ildegarda di Bingen

Nel 2012, Papa Benedetto XVI ha dichiarato Ildegarda di Bingen dottore della Chiesa, prima di lei solo altre tre sante: Caterina da Siena, Teresa di LisieuxTeresa d’Ávila.  Ildegarda nacque nel 1088 a Bermersheim vor der Höhe, decima figlia del nobile Ildeberto. Per preservare la sua cagionevole salute fu inviata all’Abbazia di Disibodenberg, dove studiò e dove, appena adolescente, prese i voti. La sua formazione avvenne sui testi di Agostino, Dionigi l’Areopagita e sui testi del sapere medievale custoditi nell’abbazia. Benché formalmente non avesse avuto un’istruzione da letterata, conosceva il latino e iniziò i suoi studi di erboristeria, medicina e cosmologia.

 

Ildegarda di Bingen
Ildegarda di Bingen fu l’autrice di una delle prime lingue artificiali di cui si abbiano notizie, la Lingua ignota (dal latino “lingua sconosciuta”), da lei utilizzata probabilmente per fini mistici

 

La sua figura di scienziata è caratterizzata dall’approccio che ebbe nelle scienze mediche e nella farmacologia. Ildegarda di Bingen infatti osservava attentamente i sintomi delle sorelle e le risposte del loro organismo alle piante mediche che somministrava loro. Dall’esperienza traeva quindi insegnamento per formulare i suoi rimedi erboristici. Non meno importanti furono le sue riflessioni sulla cosmologia espresse come racconto delle sue profetiche visioni che diceva di avere fin da bambina. A Ildegarda si deve anche il primo tentativo di trovare una lingua universale. Ella infatti ideò una lingua segreta, la “Lingua ignota”, parlata nel convento di cui era priora ed è per questo ricordata come precorritrice dell’esperanto. A lei si devono due trattati di scienze mediche e naturali che raccoglievano tutto il sapere del suo tempo. Attraverso metafore e allegorie, trattò dei fenomeni fisici che osservava. Definita “luce del suo popolo e del suo tempo”, fu musicista e compositrice, teologa ma anche consigliera politica di Federico Barbarossa. Morì il 17 settembre 1179 a Bingen am Rhein nel monastero che lei stessa aveva fondato.

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Maria Luisa Vitale
Maria Luisa Vitale
Calabrese di nascita ma, ormai da dieci anni, umbra di adozione ho deciso di integrare la mia laurea in Farmacia con il “Master in giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza” dell’Università di Ferrara. Arrivata alla comunicazione attraverso il terzo settore, ho iniziato a scrivere di scienza e a sperimentare attraverso i social network nuove forme di divulgazione. Appassionata lettrice di saggistica scientifica, amo passeggiare per i boschi e curare il mio piccolo orto di piante aromatiche.

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