Cinque camminatori contemporanei che dovete conoscere

Percorrere a piedi grandi distanze, attraversando luoghi ricchi di natura e storia, come mezzo per scoprire sé stessi, ritrovare la connessione con l’ambiente, mettersi alla prova. Oggi vi presentiamo cinque camminatori contemporanei, “viandanti” che hanno vissuto la magia del cammino e al tema hanno dedicato scritti ricchi di sensibilità e ispirazioni.

Sarah Marquis

Sarah Marquis, esploratrice Svizzera, è nata all’inizio degli anni ’70 nel piccolo comune di Montsevelier, nel Canton Giura. Sin da bambina coltiva l’amore per l’equitazione e le lunghe cavalcate nei boschi rappresentano le sue prime incursioni nella natura selvaggia. Crescendo, sarà spinta sempre di più a sperimentare il viaggio contando solo sull’energia dei piedi. A guidarla, il senso di meraviglia e la lentezza, che trasformeranno la “passeggiata” in pratica meditativa. Tra le sue avventure più famose vi è quella durata oltre mille giorni, che l’ha portata a percorrere a piedi la via della seta, dalla Mongolia al deserto del Gobi, visitando Siberia e Cina, le giungle del Laos e le risaie della Thailandia. Ma tra le tante esperienze in cammino vi sono anche la Siberia-Australia, gli otto mesi passati tra le Ande, il trekking di oltre quattro mesi dal Canada al Messico.

 

 

Sarah Marquis

 

Cammino come forma di introspezione ma anche di apertura verso il mondo, attraverso l’osservazione della natura e in particolare degli animali (come lupi e leopardi, incontri che trovano ampio spazio nei diari dedicati alle sue avventure), ma anche scoperta di nuovi modi di vedere il mondo attraverso le diverse culture locali. Esploratrice del National Geographic, in oltre 25 anni di attività ha compiuto decine di spedizioni, spesso con il solo aiuto di una bussola e il rifiuto di qualsiasi mezzo digitale e GPS. Dall’animo spericolato ma capace di tirarsi fuori da situazioni spinose grazie a ottimismo e sangue freddo e alle grandi doti organizzative (che le consentono di visitare paesi dai climi più diversi portando con sé solo un bagaglio leggero, diviso tra zaino e un piccolo rimorchio a due ruote), Marquis utilizza il cammino in natura per ritrovare la lucidità dei sensi, la relazione con il selvaggio, la consapevolezza della connessione con il mondo naturale. L’esplorazione è una condizione mentale, come la libertà, che ci porta a concepire noi stessi come parte del pianeta.

«Lascia che la tua anima tocchi la Terra… esci a camminare».

Frédéric Gros

Frédéric Gros è docente di Filosofia all’Università Paris XII. Noto soprattutto in virtù della sua profonda conoscenza dell’opera di Michel Foucalt, Gros è anche un appassionato camminatore. A lui va il merito di aver indagato a fondo gli elementi della filosofia del viaggio a piedi, con un occhio particolare agli scritti di Henry David Thoreau (che alla pratica della camminata in natura dedicò il volume “Walking”), di Nietzsche e di Rimbaud, passando per i grandi filosofi greci.

 

Frédéric Gros

 

Sino ad arrivare al cammino che esprime valori spirituali, come accade a Gandhi e senza dimenticare i pellegrinaggi religiosi che da secoli si snodano tra Europa e Terra Santa, la Via Francigena e i sentieri che conducono a Santiago di Compostela.

Per Gros, la camminata è mezzo ecologico per eccellenza, sinonimo di libertà e autodeterminazione, ma anche atto politico, essenza che fa da contraltare alla superficialità del vivere urbano, al consumismo che investe esperienze e relazioni.

In natura, con il solo supporto dei piedi, ci si sente liberi, poiché ogni aspetto della vita quotidiana appare improvvisamente lontano e insignificante, i problemi si ridimensionano, si riguadagna prospettiva, si rinuncia, spesso, persino a calcolare il tempo, ci si concentra sul movimento del corpo, sull’autenticità delle sensazioni. Elemento fondamentale della passeggiata, che sia tra i boschi o in campagna, è che essa sia vissuta senza fretta, poiché “la lentezza è perfetta adesione al tempo” – scrive in “Marcher, une philosophie” (Carnets nord, 2009), è consapevolezza degli spazi della natura, vicinanza con gli elementi, esperienza in cui il paesaggio diviene «una mole di sapori, di colori, di odori, in cui il corpo è in infusione».

Rolf Potts

Rolf Potts si definisce, prima ancora che un camminatore e uno scrittore di viaggi, un vero e proprio “vagabondo”. Nato nel 1970 a Wichita, nel Kansas, a vent’anni decide di iniziare a scrivere e a viaggiare, attività parallele che gli varranno, nel 2000, un riconoscimento speciale da parte dello scrittore Bill Bryson, che lo includerà nell’American Travel Writing, la guida dedicata ai migliori scrittori di viaggio americani. In seguito, Potts entrerà tra le fila del National Geographic, scriverà per il The New Yorker e il New York Times, arrivando a essere riconosciuto come “il Kerouac dell’era digitale”.

 

Rolf Potts

Potts mira a trasmettere quella che gli anglofoni chiamano “wanderlust”, ovvero la voglia di perdersi viaggiando, di rinunciare a un’esperienza strutturata in favore, invece, di un’esperienza autentica, a contatto con la natura e con le culture locali.

Nonostante siano passati oltre vent’anni dall’uscita del suo best seller “Vagabonding”, dedicato proprio all’arte di viaggiare leggeri – e perlopiù a piedi – in giro per il mondo, il testo si rivela oggi quantomai attuale. La sua filosofia sarà fondamentale nello sviluppo del movimento dei nomadi digitali: il cammino come mezzo per raggiungere la felicità, via d’eccellenza per sentirsi vivi. Una dimensione che può diventare un vero e proprio stile di vita e che non deve essere relegata a poche pause tra gli impegni, ma che può anzi farsi soluzione all’apatia del quotidiano, poiché basta solo «camminare fino a quando il giorno non diventi interessante».

Tomas Espedal

Scrittore norvegese, classe 1961, Tomas Espedal è vincitore di numerosi premi letterari, tra cui il Norwegian Critic’s Prize (nel 2009) e il Brage Prize (nel 2011). A renderlo famoso, oltre a romanzi ricchi di elementi autobiografici e che sono innanzitutto manifesti politici, dedicati agli aspetti più controversi dello stile di vita contemporaneo (celebre è, ad esempio, “Against Nature”, un inno all’anticonformismo in amore e sul lavoro pubblicato nel 2011), vi è il volume “Tramp: or the Art of Living a Wild and Poetic Life”, una guida che è anche un racconto tragicomico delle avventure a piedi di Espedal, tra boschi e piccoli borghi.

 

Tomas Espedal

 

Un testo ricco di riflessioni sui grandi camminatori del passato (non mancano, anche qui, Thoreau e Rimbaud) ma anche un manifesto di vita poetica e selvaggia, come dichiarato dal titolo. Per Espedal, solo in cammino si è davvero vivi, poiché si è realmente presenti, attenti, connessi con la natura e le persone intorno a noi o con noi stessi. Tutto ciò che accade tra un viaggio e l’altro è soltanto una pausa, un limbo da ridurre il più possibile e da rendere sopportabile attraverso la pianificazione di nuovi cammini, di nuove avventure in natura.

Cheryl Strayed

Cresciuta nel Minnesota, Straved sognava sin da bambina di diventare scrittrice. Il successo arriverà grazie a un momento di crisi e alla decisione, frutto dell’impulsività del momento (la necessità di elaborare un lutto, il desiderio di lasciarsi alle spalle la dipendenza da droghe pesanti e di allontanarsi dal quotidiano dopo il fallimento del suo matrimonio), di partire per un’avventura a piedi lungo il Pacific Crest Trail, il cammino che collega la California al Canada e attraversa alcune tra le più belle aree naturali protette del continente americano.

La natura sarà per lei fuga e rifugio, fino a diventare fonte di guarigione.

Da questa esperienza trarrà il best seller “Wild: From Lost to Found on the Pacific Crest Trail”, uscito nel 2012 e rimasto in testa alle classifiche del New York Times per oltre sette settimane. Dal libro verrà tratto due anni dopo anche un film con Reese Witherspoon, pellicola che otterrà due nomination agli Oscar e diverrà, come scriverà il The Guardian, di ispirazione per un’intera generazione di donne ad “allacciare gli scarponi”.

 

Cheryl Strayed

 

“Wild” è anche un inno femminista. Da ex cheerleader, la Straved si interroga sin dalle prime pagine sulla necessità di abbandonare gli orpelli e i tradizionali attributi del “potere” femminile in favore della praticità e della comodità necessarie per la buona riuscita del viaggio. La sessualità, il corpo e le relative aspettative sociali interiorizzate saranno spesso oggetto di riflessione (difficile, a volte, persino specchiarsi, dopo giorni nel deserto o nei boschi). Le esperienze del dolore e dell’insicurezza si trasformeranno, tra le luci caldi del Mojave e il boato delle rapide del fiume Columbia, in forza e consapevolezza. Come suggerisce il titolo, Straved passerà dal «sentirsi perduta» al «ritrovarsi».

«Scrivere è sempre doloroso» secondo la scrittrice americana, in quanto si tratta di mettere a nudo il proprio vissuto. Esattamente come quando ci si mette in cammino, ciò che sopravvive, dentro e fuori di noi, è solo l’essenziale.

Saperenetwork è...

Anna Stella Dolcetti
Anna Stella Dolcetti
Anna Stella Dolcetti, laureata in lingue e culture orientali presso l’Università La Sapienza di Roma, ha conseguito un master in International Management alla Luiss Business School, si è specializzata in Marketing all’Istituto Europeo di Design e in Green Marketing all’Imperial College di Londra. È vincitrice e finalista di competizioni dedicate alle nuove tecnologie (Big Data e Blockchain) e lavora nella comunicazione per aziende ad alto tasso di innovazione. È diplomata in "sommellerie" e appassionata di alimentazione naturale. Nel tempo libero passeggia nei boschi, scala montagne e legge avidamente di biologia, astronomia, fisica e filosofia. Crede fermamente nella sinergia tra metodo scientifico e cultura umanistica e nell’utilizzo delle nuove tecnologie al servizio di etica, rispetto e sostenibilità sociale e ambientale.

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