Fabrizio Rufo, professore di Bioetica dell'Università La Sapienza di Roma

Fabrizio Rufo, professore di Bioetica dell'Università La Sapienza di Roma, durante il suo intervento a Passepartout 2023 (Foto: Mouseline Bertola)

La scienza avanza. E la democrazia?

Durante l’ultima edizione del Festival Passepartout, l’intervento di Fabrizio Rufo, professore di Bioetica all’Università La Sapienza di Roma, ha messo in luce il bivio davanti a cui ci troviamo. La scienza è sempre più necessaria, ma quanto le informazioni vengono condivise e trasferite nella consapevolezza pubblica?

La giornata conclusiva di Passepartout 2023: Fronti, il festival culturale della Città di Asti, ha visto tra gli ospiti Fabrizio Rufo, professore di Bioetica dell’Università La Sapienza di Roma, che con il suo intervento La scienza avanza, la democrazia no ha parlato dei rischi a cui potrebbe andare incontro una società che non impari a reggere il passo del progresso tecnico-scientifico. L’incontro, avvenuto al Palco 19, è stato introdotto da Roberta Bellesini Faletti, presidente della Biblioteca, e da una lettura tratta da Marcovaldo di Italo Calvino, di cui ricorre il centenario della nascita, a cura dell’attrice Ileana Spalla. Dopodiché Rufo ha condiviso con il pubblico la domanda che si pone da un po’ di tempo, ovvero se c’è un nesso tra la crescente presenza della scienza nella vita quotidiana e la difficoltà che sta attraversando la democrazia. Come, infatti, sostiene lo storico Hobsbawm ne Il secolo breve:

«Nessuna epoca storica è stata più dipendente dalle scienze naturali e più permeata da esse del ventesimo secolo. Tuttavia, nessuna epoca, dopo la ritrattazione di Galileo, si è trovata più a disagio con la scienza».

 

Il ricercatore Fabrizio Rufo
Il ricercatore Fabrizio Rufo (Foto: Flickr)

 

Scienza e democrazia: qual è il nesso?

Nel percorso esplicativo della sua tesi, Rufo ha fatto un excursus del legame esistente tra scienza e democrazia. Partendo dalla nascita della scienza moderna, il cui metodo basato su sapere matematico, sperimentale e universalmente valido per conoscere la natura, ha influito sul modo di concettualizzare la società permettendo il germogliare della democrazia. Fino a giungere alla crisi della visione meccanicistica del mondo quando si è iniziato a parlare di scienza del vivente e si è scoperto che l’uomo non è al centro, ma è parte di una intricata rete di relazioni con le altre specie viventi. Da questa crisi si è affermato, quindi, un paradigma distinto fondato sull’incertezza, che è la cifra epistemologica della scienza contemporanea e di conseguenza anche della politica e dei sistemi sociali.

 

Il paradigma dell’incertezza

La scienza diventata sempre più necessaria, pur non essendo sufficiente per definire socialmente la verità, come teorizza il filosofo Giulio Preti in Praxis ed empirismo: «La scienza è un fatto sociale troppo importante per ignorarne gli effetti: essa modifica continuamente il mondo intorno a noi, penetra fin nei più privati recessi anche della nostra esistenza quotidiana individuale, modifica troppo le condizioni cui erano legate le convinzioni etiche che la tradizione ci ha tramandato, per poter ignorare ciò che vi sta al fondo, la sua significazione teoretica e pratica, le contraddizioni che essa di fatto sta inserendo nel nostro costume e di conseguenza nelle nostre ideologie e concezioni del mondo».

Pertanto, quando si parla di temi primari nella discussione pubblica è impossibile riuscire a trasferire la conoscenza scientifica senza alterazioni perché c’è una perdita di oggettività per motivazioni di carattere politico, ideologico, religioso, culturale.

De Martino e la crisi delle “patrie culturali”

L’uomo, in difficoltà di fronte alle novità scientifiche, si trova ad affrontare la crisi delle “patrie culturali” descritta dall’antropologo Ernesto De Martino ne La fine del mondo «I rapidi processi di transizione, le lacerazioni ai vuoti che essi comportano, la perdita di modelli culturali in una situazione che non può più utilizzare quelli familiari, inducono crisi vistose e ripropongono nel modo più drammatico i problemi elementari del rapporto col mondo». Le società hanno difficoltà a recepire la trasformazione della moderna democrazia. Di fronte a temi di bioscienze vi è una richiesta, quasi smodata, di legificazione che, però, non può reggere il ritmo delle innovazioni scientifiche. Oggi, e la pandemia di Covid-19 lo ha evidenziato, si corre il rischio che avvenga la delegittimazione della scienza come tratto costitutivo, ma se ciò dovesse accadere sarebbe messa in discussione anche quella società democratica basata sulle caratteristiche di rappresentanza degli interessi e doveri di tutto e di tutti.

 

Pietro Greco
Il giornalista scientifico Pietro Greco, scomparso prematuramente. A lui si deve la teorizzazione del concetto di “cittadinanza scientifica”

 

Pietro Greco e la cittadinanza scientifica

C’è, quindi, la necessità di trovare una serie di canali tramite cui le informazioni possano trasferirsi dalla comunità di ricerca alla consapevolezza pubblica. Rufo avanza una proposta di cui ha discusso spesso con Pietro Greco, giornalista scientifico, ossia di unire ai classici diritti di cittadinanza fondativi della democrazia temporale (politico, sociale ed economico) anche il quarto diritto, la Cittadinanza Scientifica. Per cui si riconosce ai cittadini ruoli di legittimazione della conoscenza per definire le politiche pubbliche: diritto di ricevere e di chiedere informazioni; diritto di accesso a dati aperti e grezzi; diritto di consultazione e partecipazione alle decisioni riguardanti le tecnologie emergenti; diritto alla collaborazione nella definizione di questioni sociali science-based.

Progresso scientifico e bivio della democrazia

La scienza avanza, la democrazia no. Si è giunti a un bivio. Quello che potrà accadere, nei prossimi anni, nella relazione tra progresso scientifico e qualità della democrazia è descrivibile con la metafora della barca del sociologo Otto Neurath in cui i marinai devono modificare l’imbarcazione da una forma circolare a una più affusolata mentre sono in mare aperto, «l’intera questione procederà in un modo che oggi non possiamo anticipare. Questo è il nostro fato». 

Così le democrazie, pur non potendo fermarsi, devono riuscire a riconfigurarsi senza porre, nello stesso tempo, ipotetici limiti alla scienza.

Passepartout, svoltosi da giovedì 1 a domenica 11 giugno, organizzato dalla Biblioteca Astense Giorgio Faletti con la Città di Asti e la Regione Piemonte, quest’anno ha festeggiato i 20 anni.  Sotto la guida del direttore scientifico Alberto Sinigaglia ha presentato un programma che ha toccato i temi più vari, dalla geopolitica alla storia, passando per economia, società, ambiente, musica, fotografia, arte e letteratura.

 

Guarda il trailer del festival Passepartout 2023 

Saperenetwork è...

Mouseline Bertola
Laureata in scienze ambientali. Si occupa di sicurezza sul lavoro. Ama parlare e scrivere di ambiente, camminare, viaggiare lentamente. Spesso si incanta a osservare ciò che la circonda. Nata ad Haiti, una serie di eventi ha fatto sì che finisse a vivere in Piemonte, in mezzo a gente vicine al suo sentire. Questa è solo una parte di lei.

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