Dossier indifesa

Il dossier InDifesa di Terre des Hommes ha evidenziato il drammatico filo rosso che segna la vita di bambine e ragazze di tutto il mondo. Situazione aggravata da pandemia, conflitti e cambiamenti climatici (Foto: Terre des Hommes)

La violenza contro donne e bambine in un mondo instabile. L’analisi di Terre des Hommes

In occasione della Giornata mondiale delle ragazze e delle bambine, la Fondazione internazionale ha presentato il dossier sugli abusi e i maltrattamenti sulle minori. Preoccupano i reati in Italia: oltre 6200 nel 2021

Esposte a pericoli e minacce, ferite nel corpo e nell’anima. Milioni di bambine in tutto il mondo vivono l’incubo della violenza ogni giorno. In tanti, troppi casi anche prima della nascita. A rivelarlo è il  Dossier indifesa  di Terre des Hommes, realizzato in occasione della Giornata mondiale delle bambine e delle ragazze che si celebra l’11 ottobre ogni anno.

Aborti selettivi, mutilazioni genitali e gli effetti della crisi climatica

I dati sono chiari: dal 1970 gli aborti selettivi hanno impedito a oltre 142 milioni di bambine di nascere. Ogni anno 3 milioni rischiano vita e salute per le mutilazioni genitali (in Somalia sono il 99 per cento), 12 milioni sono costrette a matrimoni precoci. Numeri che sono cresciuti in seguito alla pandemia, all’aumento dei prezzi dei generi alimentari causati dalla guerra in Ucraina, e con la crisi climatica.

«Gli effetti dei cambiamenti climatici non sono mai “neutrali al genere”, ovvero impattano soprattutto su donne e ragazze, specialmente nelle aree rurali del mondo o nei Paesi a basso reddito»,

ha spiegato Martina Rogato, Gender Advisor &  Climate Justice Co-Chair del G7. «Laddove i diritti di donne e ragazze, come il diritto all’educazione, all’acqua o ai servizi igienico sanitari, non sono garantiti, la crisi climatica va a peggiorare lo status quo e compromette maggiormente i diritti delle persone fragili. Come nel caso della siccità, che obbliga le ragazze, a cui in genere è imputato l’accaparramento dell’acqua, a marciare per chilometri, mettendo a rischio la propria vita, la salute, la sicurezza (nel tragitto potrebbero essere vittime di violenze e molestie) e ostacolando il loro diritto all’istruzione. O in quei contesti in cui a causa di una società patriarcale, a molte ragazze non è permesso di fare alcuno sport».

 

Bambina Monzabico inDifesa
Ogni anno più di 3 milioni di bambine africane sono costrette a subire mutilazioni genitali (Foto: Terre des Hommes)

 

Povertà economica e culturale

È forte il legame fra la povertà economica e quella educativa. Sono 129 milioni le bambine e le ragazze nel mondo che non hanno accesso all’istruzione. Nei Paesi dell’Africa subsahariana una bambina su tre non completa la scuola primaria, una su quattro nei Paesi dell’Asia meridionale e una su dodici in Medioriente e Nord Africa.  L’Africa Subsahariana, poi, è la regione dove si registra il numero più alto di madri precoci, più che doppio rispetto alla media globale. E questo comporta una maggiore mortalità, abbandono degli studi, mancanza di lavoro nonché la difficoltà a uscire dalla povertà. La questione del lavoro e del gender gap riguarda anche i Paesi Ocse, in cui aumentano i Neet e il 70 per cento delle donne cura i figli e non cerca una nuova occupazione. Non poter accedere ad alcuni settori significa per molte donne non riuscire ad essere indipendenti. Come dimostrano le stime del Global Gender Gap Report, le laureate STEM in Europa non superano il 34 per cento. Eppure, secondo l’Unione europea, la formazione in queste discipline potrebbe garantire l’accesso a 1, 2 milioni di posti di lavoro entro il 2050.

 

Bambina Africa istruzione
129 milioni le bambine e le ragazze nel mondo che non hanno accesso all’istruzione. Nei Paesi dell’Africa subsahariana una su tre non completa la scuola primaria, una su quattro nei Paesi dell’Asia meridionale e una su dodici in Medioriente e Nord Africa (Foto: Terre des hommes)

La minaccia delle violenza in ogni luogo

Accanto al gap di genere, si registrano le violenze fisiche e sessuali che continuano a subire bambine e donne in ogni ambito della vita. Per l’Onu, nel mondo le vittime sono una donna su tre, vale a dire 736 milioni. Nelle zone di conflitto la violenza sessuale è sistemica, spesso alimentata dalle disuguaglianze, ma anche dalla militarizzazione e dal crescente traffico di armi leggere. Secondo il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa): «La minaccia della violenza spesso priva le ragazze del loro diritto all’istruzione, la paura le costringe a chiudersi in casa dove devono assumere un carico maggiore di lavori domestici. Chi sopravvive può soffrire lesioni invalidanti ed essere emarginato dalla propria famiglia e dalla società».

La guerra in Ucraina ha aumentato l’allarme per possibili rischi di tratta di giovani: «le ricerche globali di escort ucraine sono aumentate del 300 per cento», ha evidenziato Sima Bahous, direttrice esecutiva dell’Agenzia delle Nazioni Unite per le donne (UN Women).

 

Ragazze con il velo InDifesa
Secondo l’Onu, una donna su tre ha subito violenze sessuali o fisiche, vale a dire 736 milioni. Nelle zone di conflitto la violenza sessuale è sistemica (Foto: Terre des hommes)

 

Anche la rete è uno spazio in cui si perpetua la violenza. La maggior parte delle immagini online legate ad abusi sessuali sui minori ritraggono, infatti, ragazzine tra 11 e 13 anni. Il 58 per cento delle adolescenti ha subito molestie. E le minoranze etniche, gli appartenenti alla comunità LGBTQIA+ e i disabili sono i soggetti maggiormente a rischio.

I numeri che preoccupano l’Italia

Per quanto riguarda l’Italia, i dati elaborati dal Servizio Analisi Criminali della Direzione Centrale Polizia Criminale, e resi noti da Terre des Hommes nel Rapporto, sono desolanti. Il numero dei reati commessi a danno dei minori corrisponde a 6.248 casi, di cui le giovani sono l’88 per cento delle vittime. Reati che comprendono la violenza sessuale aggravata, gli atti sessuali con minorenni, la detenzione di materiale pornografico, la corruzione di minore, la prostituzione minorile, la pornografia minorile. E non mancano le violenze in ambito domestico, dove i maltrattamenti contro familiari e conviventi nel 2021 hanno colpito 2.501 giovani, ancora una volta soprattutto donne. Dichiara nel Dossier Stefano Delfini, direttore del Dipartimento Pubblica Sicurezza:

«Nel 2021 si assiste, per quasi tutti i reati analizzati, a un incremento dal 2020, anno tuttavia particolare perché segnato dalle restrizioni legate alla pandemia. Dai dati emerge un fenomeno non marginale e molto grave per le conseguenze sullo sviluppo psico-fisico delle vittime».

Ripartire dallo sport per battere il silenzio

Dal Dossieri di Terre des Hommes emerge inoltre che uno degli ambiti in cui si riscontrano maggiori abusi sui minori è quello dello sport. In particolare, da una indagine condotta da sei Paesi europei (Austria, Belgio, Germania, Romania, Spagna, Gran Bretagna) nell’ambito del progetto Cases, risulta che il 75 per cento di atlete e atleti ha riferito di aver subito almeno una violenza prima dei 18 anni.  Per affrontare questo tema, in Italia è stata annunciata la prima ricerca nazionale sull’incidenza dei reati sui minori nello sport, promossa da ChangeTheGame, con la collaborazione di Terre des Hommes e partner istituzionali.

 

È prevista la realizzazione di una Policy per la tutela dei minori e l’avvio della campagna “Battiamo il Silenzio”, mentre continua l’impegno della Fondazione al fianco del Settore Giovanile e Scolastico della Figc, della Uefa e della Fifa. E con Federugby si intensifica la collaborazione per promuovere parità di genere, empowerment femminile ed eque opportunità.

«È fondamentale lavorare sulla raccolta dati per far emergere gli episodi di violenza che rimangono ancora sommersi. Tuttavia, dobbiamo anche concentrare il nostro impegno su informazione e sensibilizzazione, perché, non dobbiamo dimenticarlo, le radici della violenza di genere rimangono soprattutto culturali – ha dichiarato Paolo Ferrera, Direttore Generale di Terre des Hommes – In questo Terre des Hommes c’è e ci sarà, in un lavoro di squadra con la polizia, il mondo della scuola e dello sport, con gli ospedali e con un network più ampio di associazioni e enti locali».

 

 

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Michele D'Amico
Michele D'Amico
Sono nato nel 1982 in Molise. Cresciuto con un forte interesse per l’ambiente.Seguo con attenzione i movimenti sociali e la comunicazione politica. Credo che l’indifferenza faccia male almeno quanto la CO2. Giornalista. Ho collaborato con La Nuova Ecologia e blog ambientalisti. Attualmente sono anche un insegnante precario di Filosofia e Scienze umane. Leggo libri di ogni genere e soprattutto tante statistiche. Quando ero piccolo mi innamoravo davvero di tutto e continuo a farlo.

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