Un momento cruciale durante la corrida a Barcellona

Un momento cruciale durante la corrida a Barcellona (Foto: Memyselfaneye / Pixabay)

Nel silenzio delle arene. Verso un nuovo rapporto con gli animali

La corrida rappresenta la metafora dell’uomo che domina sulla natura. Ma la rivalità è l’unico rapporto possibile fra la nostra e le altre specie? Ora che le tauromachie tacciono e i pesci a Venezia tornano visibili riusciamo a comprendere che il trionfo sugli altri viventi, assai presente anche nella storia dell’arte, si riallaccia a pratiche ancestrali che oggi possiamo finalmente mettere in discussione

Le immagini prese dal satellite Copernicus Sentinel P5 non lasciano dubbi: il primo effetto visibile prodotto dalla nostra quarantena è una netta riduzione dell’inquinamento atmosferico. Anche i nostri occhi non mentono e chi si affaccia dalle finestre di Venezia può vedere branchi di pesci nell’acqua limpida dei canali. In Spagna il silenzio ha riempito le arene e lo sguardo bovino del toro bravo può riposare. Ora che l’essere umano è in sofferenza la natura sembra sorridere. Ma è davvero così inevitabile questa rivalità tra essere umano e animale? E soprattutto: quanti di noi la vogliono?

Il rapporto tra essere umano e mondo animale

Diceva Albert Camus: «L’assurdo non è nell’uomo o nel mondo, ma nel loro rapporto». E allora è proprio questo rapporto che dobbiamo rivedere e forse il silenzio di questi giorni può aiutarci a riconsiderare la posizione dell’essere umano rispetto alla Natura. Fin da quando ne abbiamo memoria l’uomo si è sempre confrontato con il mondo animale ponendosi al di sopra di esso. 

Le nostre mitologie sono ricche di personaggi mostruosi metà esseri umani e metà animali che dovevano essere uccisi o allontanati in quanto portatori di una commistione che metteva in dubbio la posizione dell’essere umano rispetto al resto delle specie viventi.

 

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Teseo e il Minotauro: intelletto e passione

Così nelle immagini archetipiche l’animale continua a rappresentare quella parte di noi irrazionale, impulsiva e pericolosa che va domata con la ragione. Lo racconta con maestria il nostro Antonio Canova nel suo Teseo e il Minotauro. In quest’opera dal gusto inequivocabilmente neoclassico l’armonia delle forme e la fermezza della mente risiedono nella figura umana seduta sulla bestia. Trionfante Teseo ha concluso il suo combattimento e ora riposa, con il viso disteso: l’equilibrio tra uomo e animale è stato ripristinato. Nessuna commistione, nessun rischio di possibile collaborazione alla pari: l’essere umano domina il mondo animale.

È una sorta di precursore dei contemporanei matador questo Teseo dal fisico marmoreo. Sì, perché il torero è l’uomo dominatore. Colui che sa avvicinare la morte a tal punto da poterla guardare negli occhi, sfiorarla  e poi trionfare su essa.

È il maschio alfa dal fisico perfetto che non ha paura e chiede solo di essere acclamato.  La tauromachia mette in scena il rapporto tra eros e thanatos e per questo in molti la ritengono una forma d’arte dal forte contenuto erotico. Sicuramente ciò che accade nelle arene delle corride mette in luce gli aspetti più scuri dell’animo umano e ha stimolato la ricerca creativa di tanti artisti, da Goya a Picasso, da Dalì a Bacon fino ai contemporanei Vaccari e Barcelò, solo per citare alcuni dei nomi più noti.

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Teseo e il Minotauro, Canova
Teseo e il Minotauro è un’opera scultorea realizzata da Antonio Canova tra il 1781 e il 1783 ed esposta nel Victoria and Albert Museum di Londra

Il tormento dell’animo di Goya

Forse è proprio Goya ad aprire la strada verso un approccio artistico indagatore sul tema della tauromachia. Non tanto per scelta stilistica o concettuale quanto per percorso biografico. In seguito a una violenta malattia l’artista aragonese abbandonerà il periodo detto maniera chiara, che lo aveva visto vicino alla concezione neoclassica dell’arte e alla ricerca stilistica del suo contemporaneo Canova. Il dolore, la paralisi e la conseguente sordità lo lanceranno in quel tormento dell’animo umano che caratterizza il romanticismo europeo. La sua pittura si fa scura e in lui emerge il bisogno di tirare fuori e guardare il lato sofferente dell’animo umano. La bestia non è più quel mostro da domare con la volontà e la ragione, ma un misterioso e inquietante abitante dell’essere umano. Non esiste più un Teseo in grado di domare il Minotauro, perché nell’ucciderlo finiremo con l’uccidere noi stessi. Il nuovo Goya, uscito dalla malattia, morto al neoclassicismo e rinato al romanticismo, ha bisogno di un battesimo e lo trova nella tradizione della tauromachia.

Tauromachia, Goya
Combattimento di un toro con i cani, particolare di un’incisione di Francisco Goya della serie Tauromachia, 1816

Il Taurobolium

Nelle nostre regioni mediterranee legate a una cultura contadina e pastorale il sangue del toro assumeva in passato il potente valore di portatore di vita nuova. Già nell’antica Anatolia presso i Frigi esisteva il taurobolium, battesimo nel sangue di toro, raccontato da Prudenzio. Questo battesimo era un rito di passaggio che garantiva la purificazione e la nuova nascita dell’iniziando. Niente di troppo lontano dal rito eucaristico cristiano dove il fedele, per rinascere a nuova vita, è invitato a bere il sangue di Cristo, l’agnello di Dio.

Che il sangue di un essere innocente sia garanzia del potere di dare vita è un dato di fatto biologico. Con le prime mestruazioni il corpo femminile diventa possibile portatore di vita. Di nuovo il sangue materno battezza il neonato nel momento della nascita.

Allo stesso modo il sangue di un animale innocente, sia esso maschio o femmina, è stato spesso considerato purificatore, portatore di vita. Il potere di dare vita, ancor più del potere di dare morte è il potere fondante di tutti gli altri poteri: il potere per antonomasia.

Ci troviamo oggi ad affrontare una nuova prova, un nuovo sacrificio di molti che dovrà portare inevitabilmente alla messa in discussione del nostro stile di vita. Sarà per tutti una morte e una rinascita che forse, finalmente, potrà avvenire ad arene chiuse e senza battesimi di sangue.

 

Taurobolium, incisione di Bernhard Reode, 1780
Taurobolium, incisione di Bernhard Reode, 1780

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Dafne Crocella
Dafne Crocella
Dafne Crocella è antropologa e curatrice di mostre d’arte contemporanea. Dal 2010 è rappresentante italiana del Movimento Internazionale di Slow Art con cui ha guidato percorsi di mindfulness in musei e gallerie, carceri e scuole collaborando in diversi progetti. Insegnante di yoga kundalini ha incentrato il suo lavoro sulle relazioni tra creatività e fisicità, arte e yoga.
Da sempre attiva su tematiche ambientali e diritti umani, convinta che il rispetto del proprio essere e del Pianeta passi anche dalla conoscenza, ha sviluppato il progetto di Critica d’Arte Popolare, come stimolo e strumento per una riflessione attiva e consapevole tra essere umano, contemporaneità e territorio. È ideatrice e curatrice di ArtPlatform.it, piattaforma d’incontro tra creativi randagi.

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