Un momento della serie TV "Unwanted - Ostaggi del mare" (Foto: Sky)

«Domani siamo in Italia» sperano i 28 superstiti di uno dei tanti naufragi delle imbarcazioni di fortuna che ogni anno provano a portare a termine la traversata dalla costa nordafricana all’Italia. La loro storia e quella dell’equipaggio e dei turisti imbarcati sulla nave da crociera Orizzonte è al centro di Unwanted – Ostaggi del mare, serie tv in programma su Sky Atlantic (e in streaming su Now) dal 3 novembre, con due episodi ogni venerdì. Liberamente ispirati al libro-inchiesta di Fabrizio GattiBilal – Il mio viaggio da infiltrato verso l’Europa” (La nave di Teseo, 2022), gli otto episodi sono stati scritti da Stefano Bises e diretti da Oliver Hirschbiegel. Ingente lo sforzo produttivo, anche in ragione delle limitazioni dovute alla pandemia in corso durante le riprese, molte delle quali a bordo di una vera nave da crociera (messa a disposizione da Virgin) e molte nei teatri di posa dove lo scenografo Tonino Zera ha ricostruito da zero gran parte degli interni.

 

Stefano Bises e Oliver Hirschbiegel, autore e regista della serie

Racconti di rotte

Se nel racconto di Gatti il Viaggio partiva dal Senegal e attraversando il Ténéré, il Sahara, fino alla Tunisia e poi alla Libia, arrivava alla volta di Lampedusa, nell’adattamento di Stefano Bises i migranti, uomini e donne, hanno già superato il deserto, i soldati e i poliziotti, le torture nei campi libici, i trafficanti, la schiavitù per pagare di tratta in tratta gli spostamenti, e sono tratti in salvo da morte in mare ma destinati a essere riportati sulla costa tunisina: dove si ferma Io capitano, il film di Matteo Garrone in cui i due ragazzi senegalesi partiti da Dakar arrivano in vista delle coste italiane, inizia Unwanted. D’altronde sembra davvero difficile che Garrone e i suoi sceneggiatori (Massimo Gaudioso, Massimo Ceccherini e Andrea Tagliaferri) non abbiano trovato in alcune pagine di Bilal più di un motivo di ispirazione. Scrive Gatti:

«La tragedia è che nessuno dirà mai loro che stanno facendo qualcosa di eroico.

«Nessuno riconoscerà mai che il loro è un gesto definitivo che ha eguali soltanto nello sforzo della nascita. Se arriveranno vivi in Europa, li chiameranno addirittura disperati. Anche se sono tra i pochi al mondo ad avere ancora il coraggio di giocarsi la vita carichi di speranza».

 

Fabrizio Gatti

 

Bises, in maniera accorta, lascia alle pagine scritte la struggente bellezza del deserto, dove si incontra «la morte dei vivi», e si interessa invece a dare un volto alle storie di Elvis e dei fratelli liberiani Joseph e Daniel, a prestare una voce alle tante storie raccolte da Gatti nei suoi quattro anni tra il Sahel, il Sahara e il Maghreb, senza concentrarsi in quello che è il punto di partenza dell’inchiesta giornalistica, su quello che il giornalista definisce «lo spartiacque. Muoversi o soccombere». I personaggi di Unwanted hanno già scelto da tempo.

Il mondo in una nave

Motore drammaturgico è, invece, lo scontro tra due mondi. Da una parte quello della disperazione di eritrei, nigeriani, camerunesi, liberiani, senegalesi, culture e lingue diverse che solo la hybris occidentale vede come semplicemente africane, dall’altra quello dei ricchi ospiti del lussuoso hotel galleggiante. «Ho letto che una piccolissima percentuale di migranti viene salvata dalle navi da crociera e mi è sembrata da subito un’idea sensazionale: potevamo avere una miniatura del nostro mondo, se pur gigantesca, e una metafora perfetta su cosa significhi alzare i muri. La nave da crociera ci permetteva di mettere in scena le legittime ragioni di tutti ma in contempo rappresentare quanto sia sbagliata la strada intrapresa dall’Europa. Tutto sarebbe più semplice se fatto in un altro modo», ha spiegato in conferenza stampa lo sceneggiatore.

 

Guarda il trailer di Unwanted

 

Così, mentre i naufraghi vedono l’Italia a poche miglia e con lei la salvezza, i villeggianti danno risposte alle questioni migratorie a seconda della propria istruzione e del proprio punto d’osservazione: per il professore universitario e sua moglie l’accoglienza pare l’unica soluzione, per il carabiniere casertano ogni rifugiato accolto è un sicuro futuro spacciatore o una certa prossima prostituta. Diletta, la parrucchiera che non riesce ad avere figli, non smette di pensare al pianto disperato del neonato che ha sentito. Carl, capo della sicurezza a bordo, non prova pietà. E poi c’è il comandante Arrigo Benedetti, diviso tra i doveri di uomo di stato e la propria morale.

«Il compito – avverte il regista – era di essere equi, non esprimere giudizi ed essere il più possibile autentici con ciascun personaggio».

Che lo spettatore finirà per simpatizzare con uno più che un altro, pare indubbio. Certo è che sarà difficile sospendere il giudizio nei confronti di un sistema che ha fatto in modo che milioni di esseri umani siano disposti ad attraversare l’inferno pur di lasciare la terra dove sono nati, la propria casa e i propri affetti. Un inferno che è nulla al cospetto di un’Italia distante solo poche ore di mare.

 

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Francesca Romana Buffetti
Antropologa sedotta dal giornalismo, dirige dal 2015 la rivista “Scenografia&Costume”. Giornalista freelance, scrive di cinema, teatro, arte, moda, ambiente. Ha svolto lavoro redazionale in società di comunicazione per diversi anni, occupandosi soprattutto di spettacolo e cultura, dopo aver studiato a lungo, anche recandosi sui set, storia e tecniche del cinema.

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