Cinque musicisti green che dovete conoscere
Dalla fine degli anni Sessanta fino ad oggi, molte voci di artisti si sono levate a sensibilizzare sulla tutela del pianeta, affidando proteste e proposte alla forza della musica, ma anche modificando la propria attività per ridurne l’impatto ambientale. Ve ne raccontiamo cinque tra i più famosi
La musica, unita alle parole, può farsi veicolo di messaggi importanti e viaggiare lontano nel tempo e nello spazio. Vi presentiamo cinque artisti contemporanei che con le loro canzoni – ma anche attraverso l’attivismo – si sono distinti nella difesa dell’ambiente.
John Prine
Il cantante statunitense John Prine è considerato al tempo stesso un musicista e un poeta. Con le sue canzoni ha dato voce a una intera generazione di artisti e di pensatori, agendo come interprete di importanti battaglie sociali, senza dimenticare l’impegno per la salvaguardia della natura. Originario del Kentucky, Prine si affermò come cantante del genere folk e country tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ‘70. La sua espressione artistica è inconfondibile per l’utilizzo di una lingua informale che si accompagna a una musica ispirata a ballate e canti popolari. E pure si tratta di uno stile così raffinato che egli verrà considerato a tutti gli effetti un letterato, amato e osannato da mostri sacri come Bob Dylan, Bruce Springsteen e Roger Waters.
Le sue canzoni sono “racconti brevi”, poesie in prosa, che conducono l’ascoltatore in luoghi e tempi diversi, per immergerlo nell’atmosfera della storia e trasferirne il messaggio.
È ciò che accade con “Paradise”, divenuta una delle più ascoltate (e cantate) ballate ambientaliste della storia. Vi si racconta di un’ingiustizia: un bambino vorrebbe visitare una località del Kentucky che sa essere ricca di bellezze naturali ma – gli viene rivelato dal padre – il fiume incontaminato e i boschi rigogliosi sono stati ormai devastati dal business del carbone. Il racconto si ispira a una storia vera: quella di una cittadina della contea di Muhlenberg, dall’evocativo nome di “Paradise”, che fu rasa al suolo nel 1967, dopo che il tasso di inquinamento era divenuto incompatibile con la salute degli abitanti. Un paradiso perduto, trascinato via «dal treno del carbone del Signor Peabody» (questo il nome della compagnia energetica che fece i suoi affari nella valle).
paradise
E la compagnia mineraria arrivò
con gli escavatori più grandi del mondo
devastò i boschi
spogliò tutto il territorio
dunque scavarono per il loro carbone
finché la terra fu abbandonata
e descrissero tutto questo
come il progresso dell’uomo
“Paradise” è una canzone senza tempo, che ancora oggi ci spinge a riflettere e ad agire contro le ingiustizie ambientali, a beneficio delle generazioni presenti e future.
Radiohead
Il gruppo rock britannico formato da Thom Yorke, Jonny e Colin Greenwood, Ed O’Brien e Philip Selway è nato in una prestigiosa scuola maschile inglese. È tenuto insieme da una sensibilità fuori dal comune che diviene strumento, attraverso la musica, per esorcizzare demoni interiori: tormenti adolescenziali che divengono negli anni echi di dolori complessi e malesseri esistenziali, fino a maturare in parole di lotta e di denuncia.
radiohead
La band si fa portatrice di valori manifestati attraverso l’arte e l’attivismo. Tra questi vi sono anche la difesa dell’ambiente e la critica allo sfruttamento di stampo capitalista.
Ne è un esempio la canzone “Fake plastic trees” (inserita nell’album “The Bends”, uscito nel 1995). Sebbene in forma di favola giocosa, il brano racconta di un mondo di plastica in cui persino gli alberi – e l’amore – sono artificiali ormai. Ma è “The Numbers”, espressione di una produzione più matura (la troviamo in “A Moon Shaped Pool”, album del 2016) a incarnarne il loro manifesto ambientalista, tanto che Thom Yorke aveva inizialmente pensato di intitolarla “Silent Spring”, in onore all’opera di Rachel Carson.
the numbers
«Noi apparteniamo alla terra, a lei siamo destinati a tornare» canta Yorke, invitando alla consapevolezza e all’azione: «Il futuro è dentro di noi […] un giorno alla volta. Facciamo appello alle persone, le persone hanno questo potere».
Un approccio, quello della band, “climate optimist” che anche in questi versi ribadisce il valore delle piccole azioni, «un passo alla volta» verso un futuro sostenibile, rinunciando al consumismo, per non essere più in balia di “chimere” e “incantesimi”. Ma l’impegno della rockband di Oxford non si limita alla scrittura di canzoni di denuncia. I Radiohead sono anche molto attivi nel sostegno ad associazioni ambientaliste come Extinction Rebellion, Friends of the Earth e Greenpeace, di cui Thom Yorke – che è anche vegetariano – è attivista di lunga data. Inoltre, da oltre un decennio i tour vengono disegnati nell’ottica della sostenibilità: ripensando i materiali utilizzati, il consumo di energia, fino ai trasporti, con soluzioni per ridurre l’impatto degli spostamenti della troupe e dei fan. Dopo ogni tournée, inoltre, vengono piantati nuovi alberi.
Manu Chao
Manu Chao è un attivista e cantante apprezzato e conosciuto soprattutto nel contesto europeo e dell’America Latina. Il suo è uno stile impegnato che mescola reggae, folk, punk, ska, i cui versi sono spesso cantati in lingue e dialetti diversi, ispirati ora alla poetica di García Márquez, ora a testi di anarchia politica, con contaminazioni e influenze che vanno dalle ballate algerine alla salsa latino-americana.
manu chao
“Musicista di strada”, ribelle, viaggiatore, si fa portavoce di una musica di protesta, che vede tra le principali tematiche gli effetti della globalizzazione, le sofferenze dei migranti, la lotta per la liberalizzazione della cannabis ma anche la critica alle colture intensive e il supporto alle popolazioni indigene che agiscono come custodi della natura.
Cresciuto musicalmente tra Francia, Spagna e America latina, Manu Chao si è impegnato in campagne a sostegno dell’agricoltura biologica e di denuncia contro i colossi chimici che producono pesticidi dannosi per la salute. E lo ha fatto anche attraverso le sue canzoni: è il caso di “Seeds of Freedom”, il cui testo è un inno al diritto alla salute e alla libertà delle sementi.
Semi di libertà,
la vita vincerà.
Piccolo seme,
grande albero,
giardini di speranza.
seeds of freedom
concerti
Famose sono anche le aperture dei suoi concerti, che vedono spesso la partecipazione di organizzazioni attive nella lotta agli allevamenti intensivi (tema a cui Manu Chao nel 2001 ha dedicato la canzone “Vacaloca”), alla perdita di biodiversità, alla deforestazione. Manu Chao ha inoltre supportato le iniziative contro la costruzione di centrali idroelettriche nell’incontaminata collina ai piedi della Stara Planina, in Serbia, a fianco delle comunità locali che si battono contro la distruzione dell’area naturale.
Joni Mitchell
Joni Mitchell è stata tra le più importanti protagoniste musicali di un’epoca, quella tra la fine degli anni ’60 e la metà degli anni ’70 del secolo scorso, che ha segnato una fase dello sviluppo della coscienza ambientalista. Icona di stile dalla voce indimenticabile, la cantautrice canadese ha dato vita a contenuti ricchi di proposte, proteste e pensieri contro guerre e ingiustizie.
joni mitchell
La sua “Big Yellow Taxi” può essere considerata canzone ambientalista per eccellenza: il ritmo allegro e orecchiabile si presta a essere diffuso, a divenire quasi un mantra, a portare lontano il messaggio di protesta e di consapevolezza. Chi non ha mai canticchiato «they paved paradise and put up a parking lot» (ovvero «hanno asfaltato il paradiso e ne hanno fatto un parcheggio»)?
Joni Mitchell riesce a veicolare un messaggio potente e lo fa attraverso un motivetto che sa di libertà e di liberazione, di quel mondo che possiamo ancora costruire fuori dalle logiche del profitto. Trasforma così la tristezza provata di fronte alla vista di una natura distrutta da un ecomostro, distesa di cemento che sembrava «estendersi senza fine in tutte le direzioni» (esperienza che la cantante ha vissuto durante un viaggio a Waikiki, nelle Hawaii e che ha raccontato in numerose interviste) in un inno ambientalista senza tempo.
big yellow taxy
A cosa stiamo rinunciando – si chiede e ci chiede – in nome di una boutique, di un posto macchina e di locali alla moda? Dobbiamo curare con più attenzione ciò che viene dato per scontato, perché spesso non conosciamo il valore di ciò che abbiamo, «finché non è andato».
È la follia dell’uomo che pensa di potersi accontentare di un surrogato di natura, arrivando a sfruttare fino all’ultima briciola di ciò che resta: «Hanno tolto tutti gli alberi. Li hanno messi in un museo degli alberi, e chiedono alle persone un dollaro e mezzo soltanto per vederli». “Big Yellow Taxi” è un invito ad abbracciare anche l’apparente imperfezione, in opposizione a logiche tossiche e autodistruttive: «Contadino, metti via quel DDT, dammi le macchie sulle mie mele ma lasciami gli uccelli e le api».
Pearl Jam
I Pearl Jam sono una tra le band più note dello scenario rock contemporaneo. Il loro impegno nella difesa dell’ambiente si è evoluto in parallelo alla carriera musicale, che prosegue inarrestabile dall’inizio degli anni ‘90. A cominciare dalla critica agli egoismi umani coinvolti nella distruzione degli habitat. Basti pensare alla canzone “Do the evolution”, in cui nel 1998, Eddie Vedder (cantautore e voce del gruppo), riferendosi all’animale uomo, cantava: «sono il primo mammifero a portare i pantaloni, sono in pace con la mia avidità […] farò quello che voglio, ma irresponsabilmente».
pearl jam
Nel tempo, le parole di condanna si sono tramutate in attivismo. Da oltre 20 anni la band si preoccupa di bilanciare le emissioni causate dai tour, calcolandone l’impatto e investendo centinaia di migliaia di dollari in progetti per la restaurazione e la conservazione di aree forestali in diversi luoghi del mondo, tra cui il Brasile, gli Stati Uniti, l’Ecuador e l’Alaska.
L’obiettivo finale non è la semplice compensazione della CO2 emessa: l’ambizione è quella di arrivare a zero emissioni per tutti i tour. Eddie Vedder può essere considerato a pieno titolo il vero leader di questa trasformazione: amante del mare – e del surf – e attivo nella protezione degli oceani, ha una particolare sensibilità nei confronti della natura, che ha manifestato anche nella sua carriera da solista, curando la colonna sonora del film “Into the Wild”.
do the evolution
Sensibilizzare sulle tematiche ambientali è un impegno che la band mantiene fino a tempi recenti: il loro ultimo album, pubblicato nel marzo del 2020, si sviluppa intorno alla tematica dei cambiamenti climatici.
A partire dal titolo, “Gigaton”, che rimanda all’unità di misura utilizzata dagli studiosi del clima per quantificare l’impatto del riscaldamento globale sullo scioglimento dei ghiacciai ai poli. La foto di copertina è stata realizzata da Paul Nicklen, tra i fotografi naturalisti contemporanei più attivi nella divulgazione scientifica dei cambiamenti climatici.
fotografi naturalisti
Saperenetwork è...
- Anna Stella Dolcetti, laureata in lingue e culture orientali presso l’Università La Sapienza di Roma, ha conseguito un master in International Management alla Luiss Business School, si è specializzata in Marketing all’Istituto Europeo di Design e in Green Marketing all’Imperial College di Londra. È vincitrice e finalista di competizioni dedicate alle nuove tecnologie (Big Data e Blockchain) e lavora nella comunicazione per aziende ad alto tasso di innovazione. È diplomata in "sommellerie" e appassionata di alimentazione naturale. Nel tempo libero passeggia nei boschi, scala montagne e legge avidamente di biologia, astronomia, fisica e filosofia. Crede fermamente nella sinergia tra metodo scientifico e cultura umanistica e nell’utilizzo delle nuove tecnologie al servizio di etica, rispetto e sostenibilità sociale e ambientale.
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