Vista di Marettimo, l'isola più selvaggia delle Egadi

Marettimo, l'isola più incontaminata delle Egadi. Qui l'avvocato Montalto, nonno del giudice Giangiacomo, fondò la rivista socialista "Il Mare" (Foto: Sergio Sichenze)

Il 26 giugno 1893, ore 11 del mattino, dal postale che collegava Trapani a Marettimo sbarcò l’avvocato Giacomo Montalto, scombussolato e malconcio per un viaggio funestato certamente dai venti che trafiggono frequentemente questo tratto di mare; venti dai quadranti meridionali, scirocco con assillo dominante, o settentrionali: tramontana e maestrale. Il postale non era che un bastimento a vela, probabilmente uno schifazzo, barca di piccolo cabotaggio molto diffusa nell’area trapanese; aveva un utilizzo vario per il trasporto del sale, prodotti della tonnara, ma anche impiegato da alcuni maestri corallari. Imbarcazioni considerate minori, appartenenti ad armatori locali, i “patruni di varca”, che svolgevano il servizio pubblico di collegamento con le isole minori: contratti stipulati con la nuova amministrazione italiana. 

Scrive l’avvocato il giorno dopo l’arrivo a un suo collaboratore: «Il viaggio fu pessimo, per me specialmente, che soffrii moltissimo. Vomitai almeno 20 volte. Le confesso che a un certo punto mandai a strafottere tutti i marettimari! Non è un viaggio che si può fare. Dobbiamo agitarci per far arrivare qui il vaporetto»: 13 ore di tormento (oggi l’aliscafo compie il tragitto, con le soste a Favignana e Levanzo, in poco più di un’ora).

 

L'avvocato Giacomo Montalto
L’avvocato Giacomo Montalto in un ritratto d’epoca (Foto: Wikipedia)

 

 

Ma chi era il quasi trentenne avvocato Montalto, e perché aveva raggiunto l’isola più remota delle Egadi? Montalto, trapanese di nascita, fu uno dei protagonisti di spicco dei Fasci dei lavoratori siciliani, che si svilupparono tra il 1891 e il 1893: significativa esperienza di mobilitazione sociale collettiva, nata come organizzazione politico – sindacale dei lavoratori. La protesta coinvolse diverse categorie operaie e bracciantili: delle industrie, delle miniere di zolfo, dei contadini, e portò alla formazione di Fasci urbani e rurali. Il movimento, che in pochi anni arrivò a contare un elevato numero d’iscritti, aveva una matrice socialista. Con la formazione del Partito dei Lavoratori Italiani (poi Partito Socialista Italiano) nel 1892, la forte opposizione all’atavico sistema padronale acquistò sempre più la connotazione di lotta di classe, incarnando l’ideale socialista dell’eguaglianza come elemento cruciale e irrinunciabile. Quella straordinaria stagione si concluse nel 1894, quando Francesco Crispi, siciliano di Ribera (Agrigento), nel suo secondo mandato di Presidente del Consiglio dei Ministri (1893), affrontò con estrema durezza la protesta sociale sia dei fasci siciliani, che dei moti in Lunigiana. In Sicilia fu proclamato lo stato d’assedio e i capi del movimento vennero arrestati e processati.

 

 

Guarda il video sui Fasci dei lavoratori siciliani 

 

Montalto ebbe dunque un ruolo determinante nella nascita dei Fasci dei lavoratori siciliani nel suo territorio, nonché nella diffusione e nell’affermazione delle idee e dei valori socialisti.

Nel 1890, come dimostrazione di solidarietà nei confronti del socialista Francesco Sceusa, costretto ad emigrare in Australia per le continue persecuzioni poliziesche, fondò L’Esule, periodico che in poco tempo diventò punto di riferimento per tutte quelle forze trapanesi che combattevano la politica locale e la mafia.

Il 4 settembre 1892, Giacomo Montalto fondò il Fascio dei Lavoratori della sua città, inserendo nello Statuto il programma del neonato Partito dei Lavoratori Italiani.  Nel Manifesto di costituzione dei Fasci Trapanesi, si legge:

«Costituire società cooperative di produzione fra i soci del Fascio per prendere in appalto anche i lavori municipali, i cui guadagni andranno a beneficio di tutti gli operai e non più dei capi-maestri e degli ingordi appaltanti, come è ora». Una dichiarazione che scardinava l’ancien régime.

 

Vista del porto di Marettimo
Il porto dell’isola di Marettimo (Foto: Wikipedia)

 

L’Esule, frattanto, divenne la rivista ufficiale del Fascio di Trapani cambiando nome in Il Mare. Montalto organizzò cortei e denunciò le tristi condizioni dei contadini. Arrestato nel 1894, a seguito dei provvedimenti repressivi di Crispi, uscì dal carcere nel 1895, grazie all’indulto, e continuò la sua lotta politica e sociale, sempre a favore dei lavoratori sfruttati e sottopagati, cercando di risollevarne le condizioni di profonda indigenza e ingiustizia imposte dal sistema clientelare e mafioso. Morì il 24 Ottobre del 1934 a Trapani, lasciando nei lavoratori trapanesi uno spirito di lotta forte e determinato.

Quella mattina di giugno l’avvocato Montalto era a Marettimo con uno scopo preciso: fondare la sezione del Fascio dei Lavoratori. Il giovane socialista aveva in animo di costruire una solidarietà mai sperimentata prima, tanto tenace da essere capace di resistere all’opposizione feroce del sistema padronale, della connivenza tra mafia e politica, d’imposizione delle secolari consuetudini di sopraffazione e deliberata violenza verso i più deboli, di coloro che non avevano la possibilità di difendersi, che non venivano considerati cittadini e che non potevano legittimamente esercitare i loro diritti di simili tra simili.

La sua missione sull’isola Sacra (Hierà Nèsos per i greci, Malitimah per gli arabi) ebbe successo. Alcuni passaggi interessanti delle lettere scritte da Giacomo Montalto a Vincenzo Curatolo:

27 giugno 1893: «Ebbi accoglienze festose, ma da pochi, giacché la maggior parte lavoravano. Ieri sera invitai una diecina di persone per essere informato dei bisogni di Marettimo…Che vita tranquilla, che serenità! Ci vorrebbe il mezzo di comunicazione buono, per trasformare o meglio per formare l’ambiente. Sono gente indipendente, laboriosa, non religiosa, come da noi e al Monte. Qui non vanno alla Messa. Sono a contatto della Natura, non hanno intermediari nella produzione, non comprendono lo sfruttamento. Eppure c’è molto da fare!»

28 giugno 1893: «Ieri sera si associarono una ventina…Oggi dopo la pesca, debbono venire altri. Spero di arrivare a un centinaio». Se ne iscrissero 134 su un migliaio di abitanti, di cui la metà donne. Il 9 luglio 1893 esce un articolo pubblicato sul periodico socialista II Mare: «A circa 30 miglia da Trapani sorge una isoletta, Marettimo, abitata da circa mille persone, la maggior parte pescatori. Ivi non è poesia l’idillio virgiliano; ivi non c’è miseria, non avviene un furto, non avviene un omicidio, un ferimento, una rissa. Ivi non predomina il prete, non alligna il pregiudizio religioso, il capitale non corrompe, la grande industria, la grande proprietà non sfrutta. La Natura detta la legge della vita: il lavoro. Pesca e caccia sono le occupazioni principali di quella gente onesta e ospitale. Il lavoro è riproduttivo e genera l’amore. Amore e lavoro: ecco le due divinità che in Marettimo si coltivano e venerano. Eppure ivi penetra il socialismo, ivi risuona la parola nuova e il grido di emancipazione penetra fin nel focolare domestico e commuove la donna…Non un lume accenna a quei pescatori l’entrata nella rada, nella quale si corre rischio, irta di scogli com’essa è. Marettimo manca di un medico, di un farmacista. Si muore, spesso senza conoscere di qual male. Per un dolore di mola quella povera gente deve attraversare 30 miglia di mare per venire sino in Trapani, quando può. Marettimo manca di un camposanto. Chiuso il vecchio camposanto o meglio l’antico carnaio per ordine dell’autorità, non essendo rispondente all’esigenza dell’igiene, non si è ancora provveduto all’impianto del nuovo cimitero. Marettimo manca di buone scuole, essendovi una sola maestra (che comincia le vacanze prima del tempo), con una scuola mista mentre ivi è necessaria una scuola per gli adulti, una scuola serale. “Quali sono i benefici che vi dà questo Governo, a cui voi pagate la fondiaria, la ricchezza mobile e tutte le altre tasse, a cui date un buon contingente di figli alla leva?” esclamò il nostro amico (Giacomo Montalto). “Voi non litigate, voi non commettete delitti. Le spese di giustizia dunque non sono per voi, né qui il Governo ha bisogno di tenere forza pubblica. Egli vi tiene le guardie doganali, ma nell’interesse suo, non nell’interesse vostro. Voi nelle notti d’inverno correte pericolo d’infrangere le vostre barche contro gli scogli, di perdere la vostra vita, mentre il governo non vi mantiene un fanale e vi spende migliaia di lire per la strada che conduce al semaforo (il faro), migliaia di lire per un ponte. Oggi avete visto passare celere e snella una fregata dinanzi l’isola vostra. Era una fregata italiana! Essa si è fermata: delle casse sono discese, casse piene di strumenti, di arnesi, di oggetti per l’impianto del semaforo. Ah! ma così celere e snella non passò, no, in gennaio una fregata mandata dal Governo per portarvi il pane per portarvi gli alimenti, quando le barchette non poterono a causa del tempo, approdare! Ah! Vennero sì gli aiuti, fu mandato un vapore del Florio, ma fu mandato dopo 19 giorni, quando, sparito il frumento, alle erbe come bestie feroci voi avevate cominciato a dare l’assalto, resi ciechi dalla fame!»

«Dite, dite, o buoni pescatori, se il Governo volesse il vostro bene, se il Governo tutelasse le vostre vite, non dovrebbe pria della difesa nazionale pensare alla difesa di queste vostre vite? Dite, dite, sia pure fortificata tutta questa isola come lo stretto di Gibilterra; se durante quei 19 giorni fossero qui approdati i turchi, gli austriaci, gli abissini e vi avessero mostrato le farine, il pane, gli alimenti, oh! non li avreste voi accolti a braccia aperte? Il governo deve tutelare gli interessi vostri. Anche qui deve approdare il vapore, anche qui ci son vite umane da garantire, anche qui si contribuisce con le tasse, anche qui pagate di persona con la leva!»

L’entusiasmo in quegli abitanti suscitato dal nostro amico fu immenso. Immantinente vennero costituite due numerose sezioni, la Sezione delle Donne e la Sezione dei Pescatori. I partigiani del Signor Caruso e del signor Florio mandarono subito informazioni calunniose sull’agitazione promossa per opera del Fascio dei lavoratori di Trapani, tanto che in Favignana si sparse la voce che l’avvocato Montalto avesse parlato male di Florio e Caruso. Fu mandato il maresciallo dei R.R. carabinieri in Marettimo per informazioni. Buffoni!

Giangiacomo Ciaccio Montalto
Il giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto, nipote dell’avvocato Giacomo. Fu ucciso in un attentato mafioso nel 1983 (Foto: Wikipedia)

 

Giacomo Montalto, lasciò la sua eredità morale e civile al nipote: Giangiacomo Ciaccio Montalto. Sostituto Procuratore della Repubblica di Trapani, dove era arrivato nel 1971. Nel 1977 indirizza la sua attenzione d’inquirente su filoni d’indagine scottanti: cominciò a indagare sui mafiosi della provincia di Trapani e sui loro legami con il mondo imprenditoriale e bancario trapanese.

Faldoni d’indagine che riguardarono gli appalti truccati e le speculazioni edilizie, il “sacco” del Belìce (dopo il terremoto del 1968); la droga e le raffinerie dell’eroina nel trapanese, i traffici di armi e le frodi comunitarie; l’inquinamento del golfo di Cofano, uno dei più bei paesaggi della Sicilia, messo a rischio dagli scarichi illegali e dal tentativo di costruirci negli anni ’70 una raffineria di petrolio, sponsorizzata dalle famiglie mafiose locali e da qualche sindaco colluso.

Ciaccio Montalto portò davanti alla Corte di Assise diversi mafiosi locali; nell’ottobre del 1982 spiccò quaranta ordini di cattura per associazione mafiosa contro mafiosi e imprenditori della zona, che però furono tutti scarcerati per insufficienza di prove nel giro di qualche mese. Per questo ricevette minacce e azioni intimidatorie.

 

 

La strada intitolata a Giangiacomo Ciaccio Montalto a Marettimo
La strada intitolata a Giangiacomo Ciaccio Montalto a Marettimo (Foto: Sergio Sichenze)

 

 

Nonostante ciò non aveva né scorta né auto blindata. Fu ucciso la notte del 25 gennaio 1983 davanti all’ingresso di casa a Valderice dove era giunto dopo aver passato una serata a casa di amici, a novant’anni dall’arrivo del nonno sull’isola di Marettimo, in quel frammento di Sicilia dove:

«…È la Natura stessa, che qui vi chiama al collettivismo; è il mare il vostro comune capitale, il dio, che vi dà il pane quotidiano», come ebbe a dichiarare l’avvocato Giacomo Montalto, socialista e fondatore dei Fasci dei Lavoratori Trapanesi

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Sergio Sichenze
Sergio Sichenze
Sergio Sichenze, educatore e scrittore, è nato a Napoli nel 1959. Si è laureato all’Università di Trieste in disciplina ecologiche. Ha svolto attività di ricerca nel campo della biologia marina. Nel 1994 crea il Laboratorio Regionale di Educazione Ambientale del Friuli Venezia Giulia, del quale è stato direttore dal 1997 a 2022. Ha diretto la Scuola per l’Ambiente di ARPA Friuli Venezia Giulia dal 2016 al 2022, in qualità di dirigente ambientale presso la medesima Agenzia.
Ha pubblicato racconti e raccolte poetiche. Sue poesie compaiono in alcune antologie. Dal 2019 è membro della giuria Premio Nazionale di Poesia Terra di Virgilio. Fa parte del comitato di redazione di “Menabò” (Terra d’Ulivi Edizioni), rivista internazionale di cultura poetica e letteraria, per la quale cura la rubrica “Pi greco”.

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