manifestanti vestiti con bandiere dell'Unione Europea

Conflitto in Ucraina, l’Europa non tradisca le proprie origini

La guerra in Ucraina ci ha colti di sorpresa. Ci eravamo abituati all’idea – non sempre rispondente alla realtà – che l’Unione Europea garantisse la pace. Ora la casa comune ha mostrato le sue crepe. Proprio per questo è determinante, per venirne fuori, il modo in cui l’Unione gestirà questa terribile crisi

I primi venti di guerra fra Russia e Ucraina avevano lasciato quasi indifferenti i cittadini europei. Non tanto perché fossero disinteressati alla sorte del popolo ucraino, ma perché in fondo nessuno credeva che potesse accadere davvero. «Questa è l’Europa, che diamine, qui non si fa la guerra da sessant’anni e più!».

In effetti questa percezione, propria soprattutto dei cittadini dell’Europa occidentale, non corrisponde alla realtà. Pensiamo alla crisi dei Balcani negli anni ’90, o per fare qualche altro esempio, alla Cecenia, alla Georgia, alla Crimea. Cos’ha di diverso questa guerra?

A parte l’escalation di tensione fra Stati Uniti e Russia, degna dei peggiori anni della Guerra Fredda, la cosa che colpisce di più è proprio l’attacco all’Europa. Perché il processo di unificazione è andato avanti ed è costato anche lacrime e sangue, e ci sembrava di aver costruito un baluardo contro la degenerazione dei conflitti, portando a compimento un processo iniziato negli anni ’50, ma nato ancor prima, dal ripudio degli orrori del fascismo e del nazismo.

 

 

Fin dalla fondazione della Ceca (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio), nel 1951, e fino a Maastricht e oltre, l’obiettivo di ogni trattato che mirasse a unire gli Stati europei, è sempre stato quello di disinnescare possibili cause di conflitto.

L’Europa usciva dalla seconda guerra mondiale, lacera e ferita, con addosso la pesantissima eredità dei regimi totalitari, e un’altra guerra era l’ultima cosa che si potesse immaginare.

Come si legge nel Manifesto di Ventotene: «La sovranità assoluta degli stati nazionali ha portato alla volontà di dominio di ciascuno di essi, poiché ciascuno si sente minacciato dalla potenza degli altri e considera suo “spazio vitale” territori sempre più vasti, che gli permettano di muoversi liberamente e di assicurarsi i mezzi di esistenza, senza dipendere da alcuno. Questa volontà di dominio non potrebbe acquietarsi che nella egemonia dello stato più forte su tutti gli altri asserviti».

 

Il manifesto di Ventotene

 

L’unica via d’uscita sensata da una tale situazione era un’unione in cui tutti gli Stati potessero avere il giusto spazio e le relazioni politiche ed economiche fossero gestite attraverso strumenti e garanzie a tutela di tutti. Così per molti anni il sogno di pace immaginato da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni nel loro confino di Ventotene, si è incarnato nell’idea di un’unione sempre più salda malgrado le difficoltà, le crisi cicliche anche sanguinose e la brexit.

A fare male, oggi, è proprio la caduta di questa illusione.

È vero, di guerre ce ne sono tante in giro per il pianeta. E noi, racchiusi nella nostra bolla di “benessere” della parte fortunata del mondo, tendiamo colpevolmente a dimenticarci di quello che accade in un “altrove” non troppo lontano. Ma ora la guerra è di nuovo sul suolo europeo, su quel suolo dove costò lacrime e sangue ai nostri nonni e bisnonni la conquista della pace. Su quel suolo dove, non senza sacrifici e compromessi, avevamo costruito – credevamo di aver costruito – una casa comune, un edificio di pace e di valori condivisi. Ed è dura accettare la realtà della prevalenza degli interessi e della sete di potere su tutto questo.

 

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E il nostro sonno tranquillo, appena turbato dalle ecatombi di migranti che si dirigevano verso l’Europa in cerca di benessere e pace, scappando da terre tanto vicine ma tanto diverse nel nostro immaginario… quel sonno all’improvviso diventa un incubo. La casa comune ha una crepa, il mito è crollato. C’è una dura realtà con cui fare i conti.

Non è la Nato, con le prove muscolari degli Usa, che può cambiare le sorti della situazione in Ucraina. Forse neanche l’Onu può davvero qualcosa. E di certo non possono nulla i singoli Stati, anche se nella loro Costituzione è scritto chiaro e tondo il ripudio della guerra. Ma l’Unione sì, può fare qualcosa. Può alzarsi e mettere un argine alla follia guerrafondaia. Sottrarsi ai ricatti sulla chiusura dei gasdotti incrementando le fonti rinnovabili. Far sentire il proprio potenziale di vigilanza sui rischi nucleari, che la Russia sta usando per minacciarci. Può, infine, dimostrare di essere all’altezza della sua storia e mettere alla prova la sua capacità di realizzare il sogno dei suoi padri fondatori.

Saperenetwork è...

Lilly Cacace
Educatrice ambientale di esperienza venticinquennale, coordina il gruppo Scuola di Legambiente Ischia. Per l’Amp Regno di Nettuno, dal 2016, progetta e coordina “Nettuno va a scuola”, progetto educativo gestito in collaborazione con Legambiente Ischia e con le Scuole delle isole di Ischia e Procida. Autrice di "Alberi: Storie di amicizia tra persone e piante" (Albatros Edizioni Equosolidali, 2005). Ha scritto per Ischia News, Kaire, La Nuova Ecologia, .eco. Dirige l’Associazione "Gli alberi e noi - Isola Verde", per la quale gestisce progetti educativi e di volontariato, fra cui “Un mese per gli Alberi”. Laureata in Filosofia, le sue ricerche riguardano il rapporto fra educazione, cura dell’ambiente e felicità individuale.

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