Laura Conti, partigiana, medico, ambientalista, politica e scrittrice, considerata la madre dell'ecologismo italiano (Settembre 1976 (Foto: Dino Fracchia / Alamy Stock Photo)

Laura Conti, partigiana, medico, ambientalista, politica e scrittrice, considerata la madre dell'ecologismo italiano (Settembre 1976. Foto: Dino Fracchia / Alamy Stock Photo)

Laura torna in libreria. Parla Marco Martorelli, custode dei testi e compagno di militanza

La critica al modello di sviluppo come base di un ambientalismo senza compromessi, una visione anticipatoria e spesso controcorrente che è stata frettolosamente messa da parte. Poi la riscoperta,  anche in virtù delle nuove generazioni che chiedono un cambiamento radicale. La Conti, ieri e oggi, vista da chi ha lavorato al suo fianco e ne conserva le opere

 
 LEGGI TUTTO IL DOSSIER Il mio omaggio visivo a Laura con un’opera inedita di FABRIZIO CARBONE /  Gli occhi di Laura. Uno sguardo scomodo sul presente di CHIARA CERTOMÀ / Laura torna in libreria. Intervista a Marco Martorelli di MARCO FRATODDI / Perché fu preziosa per noi di ERMETE REALACCI / A proposito di Laura Conti, madre dell’ecologismo italiano di MASSIMO SCALIA
 LE OPERE LETTERARIE Cecilia e le streghe, fra poesia e noir / Una lepre con la faccia di bambina di LOREDANA LUCARINI
 LA BIOGRAFIA Sulle tracce di Laura Conti, il volume di Valeria Fieramonte di MICHELE D’AMICO

Medico, partigiana, militante politica e attivista, pioniera dell’ambientalismo italiano e autrice di tre romanzi e numerosi saggi. Oggi, 31 marzo, cadono i cent’anni dalla nascita di Laura Conti, una figura poliedrica e significativa per la cultura italiana, ben oltre i confini dell’area ambientalista. Questa ricorrenza coincide con un evento editoriale importante: la riedizione da parte di Fandango libri del suo romanzo più famoso, “Una lepre con la faccia di bambina”, scritto all’indomani del disastro di Seveso del 1976 e pubblicato all’inizio del 1978. L’edizione di Fandango (il volume è scaricabile anche come e-book) ci sembra un segnale importante di attenzione verso l’opera della Conti ma anche la conferma che oggi un nuovo pubblico c’è per una narrazione ispirata alle problematiche ambientali.

Ne abbiamo parlato con Marco Martorelli, redattore scientifico con lunghissima esperienza ma soprattutto amico di Laura Conti e custode delle sue opere per disposizione testamentaria.

 

 

Martorelli, come è nata l’idea di riproporre oggi quest’opera? E quale attualità mantiene?
I motivi per cui la scelta è caduta su “Una lepre con la faccia di bambina” sono diversi. Innanzitutto questo romanzo mette in luce le eccezionali doti di scrittrice di Laura, che coinvolge il lettore in una narrazione potente e non convenzionale. Nei giorni successivi all’uscita di questa nuova edizione ho condotto una piccola indagine tra alcuni lettori che all’epoca della prima pubblicazione del libro non erano ancora nati. Tutti hanno riferito di averlo letto d’un fiato in poche ore. Ho chiesto loro di indicare due aggettivi che sintetizzassero le caratteristiche del romanzo e hanno prevalso largamente “amaro” e “struggente”, una scelta che, nonostante il gap generazionale, condivido pienamente.

Ma in un certo senso questo libro è anche un documento storico su una grande catastrofe ambientale e sanitaria.

All’epoca Laura era consigliere della regione Lombardia e segretaria della commissione sanità ed ecologia, quindi ha seguito direttamente le conseguenze del disastro di Seveso. Questa sua esperienza è stata trasferita nel libro. Attraverso i ricordi di Marco, figlio adolescente di un artigiano di Seveso, e i suoi dialoghi con la combattiva coetanea Sara, figlia di immigrati meridionali, assistiamo alla crisi che investe un’intera comunità e al suo isolamento, determinato dai timori di contaminazione. Dopo le prime reazioni di paura, rifiuto e confusione, da parte della popolazione e degli amministratori locali, la situazione precipita con il ricovero dei bambini colpiti dalla cloracne, l’evacuazione di centinaia di famiglie dalla zona più contaminata dalla diossina e infine il dramma dell’aborto in un’epoca in cui era ancora punito per legge. Sono passati più di quarant’anni da allora, eppure il lettore – o rilettore – di oggi troverà il libro straordinariamente attuale: le reazioni della popolazione e dei poteri pubblici di fronte al disastro di Seveso hanno anticipato, su piccola scala, molte delle reazioni suscitate dall’attuale pandemia.

 

Marco Martorelli, redattore scientifico, erede testamentario dei testi di Laura Conti
Marco Martorelli, redattore scientifico, erede testamentario dei testi di Laura Conti

 

Laura Conti è stata una figura di primo piano nella cultura, nella politica e nella società italiana del dopoguerra. Soprattutto ha anticipato molte riflessioni sulla riconversione alla sostenibilità che oggi vanno per la maggiore anche a livello istituzionale, speriamo nella sostanza. Quanto le viene riconosciuto, secondo lei, questo contributo all’avanzamento del pensiero ambientalista nel nostro paese?
Bisogna essere onesti: la memoria di Laura – e di altri pionieri dell’ambientalismo, come Enzo Tiezzi e Giorgio Nebbia – è stata oggetto di una lunga rimozione. Ma non si è trattato di una graduale dimenticanza, bensì dell’effetto di una scelta deliberata da parte di molti di coloro che avrebbero dovuto dare continuità al suo pensiero. Laura è sempre stata un’anticipatrice, capace di mettere a nudo verità sgradite e anche di andare controcorrente. Il suo prestigio e il suo rigore scientifico e politico sono stati spesso vissuti con insofferenza dall’apparato del suo partito, il PCI, e a un certo punto, in concomitanza con il referendum sulla caccia, anche dalla direzione della Lega per l’Ambiente (oggi Legambiente, ndr), che aveva contribuito a fondare e di cui aveva a lungo presieduto il comitato scientifico. Inoltre, nel 1993, all’epoca della morte di Laura, il clima politico e culturale italiano e mondiale era profondamente cambiato. Dopo la caduta del muro di Berlino si è assistito a un generale ripiegamento della sinistra e anche di gran parte del movimento ambientalista: la critica radicale del nostro modello di sviluppo, che era centrale nell’ambientalismo scientifico di Laura, è apparsa sempre più marginale e puramente rituale. Non è stato quindi un caso che dopo la morte di Laura sia divenuto di fatto impossibile trovare editori interessati a riproporre le sue opere, a parte alcune pubblicazioni di qualche suo scritto in occasione di iniziative promosse per ricordarla.

La distanza storica o forse le urgenze che pone la crisi ambientale, di cui la pandemia rappresenta un effetto, possono aiutarci a ritrovarla?
In effetti alla fine del 2019 ho finalmente constatato un ritorno d’interesse per la figura di Laura. Interlocutori che in passato non avevano voluto prendere in considerazione l’idea di rieditare le sue opere hanno offerto un’improvvisa disponibilità. Certo, il centenario ha il suo peso ma penso che sia stata determinante la nuova consapevolezza della gravità della crisi ambientale e climatica a livello planetario e lo sviluppo di un movimento internazionale con la partecipazione di giovani e giovanissimi, ai quali Laura può dire ancora molto. Anche per questo ho privilegiato la proposta di una casa editrice che quando è morta Laura ancora non esisteva e che annovera gran parte dei suoi lettori fra i giovani.

 

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Ogni ipotesi sulle valutazioni di Laura Conti rispetto alla fase che stiamo attraversando è ovviamente velleitaria. C’è però nella sua elaborazione qualcosa che potrebbe aiutarci a interpretare quanto sta accadendo?
Essere medico dava a Laura un vantaggio rispetto a molti altri studiosi di problemi ambientali: coglieva immediatamente le connessioni tra problemi ambientali e problemi sanitari. Varie volte ha menzionato l’importanza delle zoonosi, cioè delle malattie causate da patogeni che, come SARS-CoV-2, possono essere trasmessi alla specie umana da altre specie animali. Analogamente, sapeva cogliere l’impatto sulla salute delle trasformazioni economiche e sociali. Nel 1987, in appendice alla seconda edizione di “Questo pianeta”, parlando di un’altra pandemia, quella di Aids, sottolineava come la diffusione del virus responsabile della malattia, all’epoca ancora incurabile, fosse favorita da fattori troppo spesso sottovalutati, come l’eccessiva densità di popolazione, la vulnerabilità delle popolazioni più povere e i movimenti a lunga distanza per affari e turismo.

Come custode delle opere di Laura Conti, oltre che legato a lei da una profonda amicizia, che tipo di responsabilità sente rispetto alla trasmissione della memoria di questa importante artefice del pensiero ambientalista?
Quando ho accettato la responsabilità che deriva dalle disposizioni testamentarie di Laura non immaginavo quanto sarebbe stata impervia questa strada. Basti dire che ci sono voluti quasi sette anni per trovare una sistemazione al suo archivio e alla sua biblioteca, che è stata possibile solo grazie alla lungimiranza della Fondazione Micheletti di Brescia, presso la quale l’archivio di Laura, ordinato e indicizzato, è oggi consultabile. Delle difficoltà incontrate per la riedizione delle sue opere ho già parlato prima. Posso solo aggiungere che rivedere finalmente uno dei titoli di Laura nelle librerie è stato davvero emozionante, liberatorio.

Ma vedremo altri titoli di Laura Conti di nuovo sugli scaffali?
Fortunatamente sì. Sono lieto di confermare che nei prossimi mesi Fandango ripubblicherà altre sue opere. Sono convinto che l’uscita di questo libro non rappresenterà un episodio ma l’avvio di un nuovo confronto con il pensiero di Laura.

 

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Marco Fratoddi
Marco Fratoddi
Marco Fratoddi, giornalista professionista e formatore, è direttore responsabile di Sapereambiente, insegna Scrittura giornalistica al Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Cassino con un corso sulla semiotica della notizia ambientale e le applicazioni giornalistiche dei nuovi media dal quale è nato il magazine studentesco Cassinogreen. Partecipa come direttore artistico all'organizzazione del Festival della virtù civica di Casale Monferrato (Al). Ha diretto dal 2005 al 2016 “La Nuova Ecologia”, il mensile di Legambiente, dove si è occupato a lungo di educazione ambientale e associazionismo di bambini, è stato fino al 2021 caporedattore del magazine Agricolturabio.info e fino al 2019 Direttore editoriale dell’Istituto per l’ambiente e l’educazione Scholé futuro-Weec network di Torino. Ha contribuito a fondare la “Federazione italiana media ambientali” di cui è divenuto segretario generale nel 2014. Fa parte di “Stati generali dell’innovazione” dove segue in particolare le tematiche ambientali. Fra le sue pubblicazioni: Salto di medium. Dinamiche della comunicazione urbana nella tarda modernità (in “L’arte dello spettatore”, Franco Angeli, 2008), Bolletta zero (Editori riuniti, 2012), A-Ambiente (in Alfabeto Grillo, Mimesis, 2014).

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