Giustizia per gli animali. La nostra responsabilità collettiva, edito in Italia da Il Mulino, è l'ultimo libro della filosofa americana Martha Nussbaum

Giustizia per gli animali. La nostra responsabilità collettiva, edito in Italia da Il Mulino, è l'ultimo libro della filosofa americana Martha Nussbaum

Animali, istruzioni per il non uso

Nel suo nuovo ricchissimo saggio, la filosofa Martha Nussbaum formula una teoria generale del rapporto con gli animali, basata sul rispetto non utilitaristico dell’ecosistema. E mette in luce come il grande problema negli anni a venire sarà quello di dare voce giuridica e rappresentanza politica ai diritti dei viventi non umani

Nel 2016 la Corte d’Appello della West Coast americana emette una sentenza storica. Basandosi sui principi inscritti nella legge americana di protezione dei mammiferi marini, i giudici affermano che la marina Usa non ha il diritto di sviluppare il programma sonar che rischia di incidere sul comportamento delle balene, animali che trovano nel senso dell’udito un mezzo essenziale per la sopravvivenza. Si tratta di un piccolo, ma importante segno di speranza, in un quadro legislativo di tutele degli animali ancora ampiamente frammentario, negli Usa così come in Europa e in Italia. E anche quando le tutele ci sono, mancano spesso i mezzi per farle rispettare. Il caso delle balene è emblematico per Martha Nussbaum, filosofa americana le più note, professore di Law and Ethics presso l’Università di Chicago. L’interesse per i cetacei si è sviluppato a partire dall’impegno della figlia, Rachel Nussbaum Wichert, avvocato per i diritti degli animali, con particolare riferimento ai mammiferi marini, che ha lavorato per l’ong Friends of Animals. La prematura scomparsa di Rachel a soli 47 anni, può essere a buon diritto considerata la causa, quantomeno emotiva, che ha dato vita a Giustizia per gli animali. La nostra responsabilità collettiva (Il Mulino 2023), nuovo volume di un’autrice prolifica che spazia dagli studi di filosofia antica (nasce come studiosa di Aristotele) al femminismo.

 

Martha Nussbaum, filosofa statunitense, studiosa di filosofia greca e romana, filosofia analitica, filosofia politica, etica, femminismo e diritti degli animali. Ha insegnato ad Harvard e alla Brown University prima della cattedra all'Università di Chicago (Foto: Wikipedia)
Martha Nussbaum, filosofa statunitense, studiosa di filosofia greca e romana, filosofia analitica, filosofia politica, etica, femminismo e diritti degli animali. Ha insegnato ad Harvard e alla Brown University prima della cattedra all’Università di Chicago (Foto: Wikipedia)

Kant e il mondo degli animali

Sgombrato il campo dall’idea che esista un salto di specie che rende noi sapiens animali speciali rispetto a tutti gli altri, l’autrice si interroga su chi e come tra gli animali non umani sia intitolato a chiedere giustizia per i torti subiti. Che «ovunque nel mondo gli animali sono in pericolo» deriva dall’atteggiamento strumentale dell’uomo verso la natura (basti pensare agli animali da lavoro, a quelli per nutrire noi umani, e allo sfruttamento complessivo delle risorse naturali con danni agli ecosistemi). Ribaltarlo è possibile, se si adotta un atteggiamento per cui questi esseri vengono considerati “fini in sé stessi” – cioè esseri degni di rispetto e non inferiori a noi – e non mezzi o strumenti per i nostri interessi, scrive Nussbaum adattando al mondo non umano la teoria morale kantiana.

Non basta uno “sguardo benevolo”

Non basta pensare di avere uno sguardo benevolo nei confronti di ‘creature’ ( termine  ambiguo, per la sua ascendenza religiosa, ma l’autrice lo usa più volte nel suo saggio) che siano simili a noi, oppure soltanto verso quelle che soffrono, come teorizza un autore “militante”, riferimento essenziale chi si occupa di diritti degli animali come il filosofo australiano Peter Singer. Come è accaduto nel corso degli ultimi trenta anni, le scoperte neuroscientifiche potrebbero cambiare le sarte in tavola, facendoci alzare la soglia degli esseri che soffrono, percepiscono il mondo, hanno una qualche coscienza di sé stessi, e sono in senso lato intelligenti più di quanto abbiamo sempre creduto.

 

Quali diritti?

Ma anche se intelligenti e sensibili non fossero, non significa che non meritino giustizia. Nussbaum scarta l’approccio dolore/piacere anche perché troppo schematico. La vita degli animali non umani – ben al di là dei nostri parenti strettissimi, i primati, e dei nostri cugini mammiferi – è ricca di molti elementi, che riassumono nella possibilità di avere una vita ‘fiorente’ (altro termine potenzialmente ambiguo ma usato espressamente dall’autrice). Tradotto del linguaggio teorico, a volte un po’ ostico, del saggio, Nussbaum afferma che ogni essere ha diritto a fare la sua vita per quello che è nella sua essenza e in tutte le sue potenzialità.

La possibilità di non dover soffrire, non è abbastanza per una vita degna. Il diritto di un pappagallo sarà quello di avere spazio per volare, quello di un cavallo o di un maiale lupo sarà quello di avere il suo territorio.

Ma anche di socializzare, comunicare con altri esseri della specie. Senza che per ragioni di utilità umana (ne possiamo immaginare diversi) la sua vita venga disturbata, messa in pericolo o perfino interrotta brutalmente dall’azione umana. Li potremmo chiamare diritti fondamentali degli animali. Se non che Nussbaum preferisce, adattando una sua precedente teoria, parlare di Approccio della Capacità, perché la deifinizione permette di aprire uno spiraglio verso la prospettiva dell’azione politica.

 

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Dalla teoria all’azione: ma come?

Ed è proprio passando dalla teoria all’azione per il rispetto dei diritti animali che nel saggio di Nussbaum emerge un problema. Che che non viene eluso e la cui trattazione rappresenta anzi la parte più interessante del volume. Gli animali – che l’autrice specifica vanno considerati individualmente, prima ancora che come specie, proprio perché sia possibile dare diritti a ciascuno di essi – non possono chiedere giustizia con la propria voce e con i propri mezzi. Per farlo hanno bisogno di essere rappresentati da noi umani nei luoghi da noi stabiliti, ovvero i tribunali.

Accade già per persone con handicap – mentale o fisico -, minori, persone anziane che hanno perso le capacità cognitive.

Il vero punto è: perché noi uomini dovremmo farlo? Se la ragione è: perché è giusto così, come fondamentalmente argomenta Nussbaum, potrebbe trattarsi, purtroppo, ancora di una risposta concettualmente debole. L’etica kantiana del dovere morale è splendida, ma al di là del suo essere non realistica – perché non vuole essere una descrizione del reale, bensì un modello a cui avvicinarsi – manca soprattutto di un’applicazione efficace. Cosa che accade anche per colpa di grandi interessi da parte nostra, ovvero forti pressioni lobbistiche (si pensi solo all’industria della carne e degli allevamenti intensivi).

 

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Il corso della Storia, unica vera speranza

Non a caso, parlando dello stato insufficiente delle norme di diritto positivo a protezione degli animali non umani che sono estesi oltre i confini nazionali, Nussbaum traccia un parallelo con il diritto internazionale. Ebbene, l’Onu è figlia lontana del Trattato Per la pace perpetua dell’illuminista Kant. Eppure, non ha la forza di impedire la più grande tragedia inter-specifica dell’umanità che è la guerra. Come potrebbe agire efficacemente, e quanti ostacoli dovrebbe superare, ammesso che lo volesse, per proteggere e dare dignità alle specie non umane, di cui continuiamo a servirci senza alcun rispetto? L’unica vera speranza è che sia il corso della storia a voler procedere in questa direzione. Come sta accadendo sotto i nostri occhi con i diritti individuali, in impetuoso sviluppo dalla fine delle discriminazioni razziali, alla graduale emersione dei diritti personali e di genere, all’affermazione sempre più forte della libertà delle donne. Ma rimane pur sempre una visione molto ottimistica e parziale, perché incentrata fondamentalmente sull’idea di progresso delle democrazie occidentali.

 

 

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Saperenetwork è...

Andrea Valdambrini
Andrea Valdambrini
Giornalista, laureato in Filosofia, ha cominciato sbagliando tutto, dato che per un quotidiano oggi estinto recensiva libri mai più corti di 400 pagine. L’impatto con il reportage arriva quando rimane bloccato dalla polizia sotto la Borsa di Londra con i dimostranti anti-capitalisti. Tre anni nella capitale inglese, raccontandola per Il Fatto Quotidiano, poi a Bruxelles, dove ha seguito le elezioni europee del 2014 e del 2019. Nel 2024 rischia di fare lo stesso, stavolta per Il manifesto.

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