La sala 14a del Museo Egizio di Torino: la Galleria dei Re

«La strada per Menfi e Tebe passa da Torino», scriveva l’archeologo Jean-François Champollion nell’Ottocento. Non aveva tutti i torti, se un milione di visitatori ha visitato le sale del Museo Egizio di Torino nel 2023. Da due secoli varcarne la soglia significa intraprendere un viaggio di quattromila anni. Il percorso museale ricostruisce la storia del museo e delle collezioni, i contesti archeologici degli oggetti in mostra ma anche le vicende delle missioni archeologiche, la loro organizzazione, il loro modo di operare, avvalendosi, oltre che dei reperti custoditi, anche di un prezioso patrimonio archivistico ricco di foto e documenti storici. L’Egizio nel 2024 festeggia il bicentenario, aperto dal Concerto di Capodanno della Città di Torino con un programma celebrativo ispirato al mondo egizio.

I Sabaudi, egittologi per prestigio

Diretto da Christian Greco, con uno spazio museale di circa 10 mila metri quadrati per 40 mila reperti custoditi, 3.300 dei quali esposti lungo il percorso cronologico articolato in 15 sale e disposto sui 4 piani, l’Egizio di Torino è il più antico museo del mondo dedicato interamente alla cultura egizia.

 

Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino

 

La sua storia è affascinante e affonda le radici nei primi decenni dell’Ottocento, quando a seguito della campagna napoleonica in Egitto iniziò a impazzare nel mondo l’Egittomania. È in quel periodo che il diplomatico Bernardino Drovetti, originario di Barbania vicino a Torino e al tempo al servizio della Francia, raccoglie la preziosa collezione di circa 8 mila pezzi di antichità egizie alla base del museo. La collezione suscitò subito grande interesse negli esperti, come Jean François Champollion, egittologo e archeologo francese, primo a decifrare i geroglifici e a tradurre la Stele di Rosetta, e tra i capi di governo, tra i quali Luigi Filippo I di Francia. Tra i principali mediatori che contribuirono alla trattativa che portò Drovetti a venderla allo stato sabaudo, anziché ad altri, ci fu il conte di Conzano Carlo Vidua, intellettuale e viaggiatore.

Vidua aveva ben chiaro come l’interesse per la nascente egittologia costituisse, in realtà, un modo per stabilire il valore di uno Stato attraverso la capacità di appropriarsi del patrimonio antico.

Con questa visione di prestigio per la capitale sabauda, il re di Sardegna, Carlo Felice di Savoia, nel 1823 si convinse quindi all’acquisto, e nei mesi successivi la collezione Drovetti, con un trasporto che presentò non poche difficoltà, arrivò finalmente a Torino. La destinazione prescelta fu il palazzo barocco del Collegio dei Nobili, spazio che ospita tuttora anche l’Accademia delle Scienze, e dove il museo venne fondato nel 1824.

 

 

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Il più grande dopo il museo de Il Cairo

Nel corso del tempo l’Egizio si ingrandì acquisendo alcune collezioni minori da privati o tramite scambi con altri musei. Tra il 1903 e il 1937 gli scavi archeologici condotti in Egitto da Ernesto Schiaparelli e poi da Giulio Farina portarono a Torino altri 30 mila reperti, che comportarono ristrutturazioni e adattamenti degli spazi. Particolarmente importante, in epoca più recente, fu l’opera di ricomposizione del tempietto rupestre di Ellesiya donato dal Governo Egiziano in riconoscimento dell’aiuto italiano nel salvataggio dei templi nubiani minacciati dalle acque della diga di Assuan. Per il trasferimento a Torino la struttura fu tagliata in 66 blocchi e poi inaugurata il 4 settembre 1970. Grazie alla sua straordinaria raccolta di statue, papiri, sarcofagi, oggetti di vita quotidiana e mummie – se ne contano circa 300 fra umane e animali – il Museo Egizio è oggi considerato la principale istituzione culturale e scientifica nell’ambito delle antichità egizie al di fuori della culla di tale civiltà, ossia dopo il suo omologo del Cairo.

 

Ostrakon con la raffigurazione di una ballerina in posizione acrobatica, Nuovo Regno, XIX-XX dinastia (1292-1076 a.C.) C.7052_
Ostrakon con la raffigurazione di una ballerina in posizione acrobatica, Nuovo Regno, XIX-XX dinastia (1292-1076 a.C.) C.7052_

Le trasformazioni

Nei suoi 200 anni di storia, il Museo Egizio si è più volte trasformato e rinnovato, cercando di coniugare le esigenze della ricerca scientifica con quelle di visita e conoscenza del pubblico. A questo percorso a ha contribuito, sotto il profilo istituzionale, la nascita nel 2004 della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino, primo esperimento di costituzione, da parte dello Stato Italiano, di uno strumento di gestione museale a partecipazione privata. La Fondazione è infatti stata istituita dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che ha conferito in uso per 30 anni le collezioni museali, unitamente alla Regione Piemonte, all’allora Provincia di Torino oggi Città Metropolitana, alla Città di Torino, alla Compagnia di San Paolo e alla Fondazione CRT. Un’evoluzione determinante per la successiva trasformazione strutturale dell’Egizio completata nell’aprile 2015 con il radicale rinnovamento degli spazi, e che ha coinciso con un profondo ripensamento del museo, che sotto la direzione di Greco ha dato corpo a un progetto scientifico capace di competere con i grandi musei internazionali, anche al fine di riaffermarne lo storico ruolo di punto riferimento per la comunità archeologica mondiale.

Presente e futuro

Il 2024, anno delle celebrazioni del bicentenario, segna l’inizio di una nuova stagione di trasformazioni, in un’ottica di apertura metaforica e fisica verso la città. Nel progetto dello studio di architettura OMA è prevista la rifunzionalizzazione del palazzo barocco, con la restituzione alla città di un nuovo spazio pubblico, di allestimento di un grande giardino egizio nella corte coperta, di una nuova sala immersiva all’interno del museo realizzata con l’Istituto Italiano di tecnologia di Genova, del restauro del Tempio di Ellesija e della Galleria dei Re.

 

Piazza Egizia, vista dall’alto (Foto: © Oma)

 

Il centro di gravità del Museo Egizio più antico al mondo si sposta nella corte del palazzo barocco del Collegio dei Nobili, che si trasformerà in una agorà, su due livelli, piano terreno e piano ipogeo, coperta da una struttura trasparente in vetro e acciaio. Lo spazio sarà accessibile liberamente, per farne un luogo da cui partire per percorsi di visita vari. Tanti gli eventi che verranno programmati in corso d’anno per coinvolgere il pubblico, raccontare le trasformazioni in corso, moltiplicare le occasioni di incontro.

 

Saperenetwork è...

Marina Maffei
Marina Maffei
Giornalista e cacciatrice di storie, ho fatto delle mie passioni il mio mestiere. Scrivo da sempre, fin da quando, appena diciassettenne, un mattino telefonai alla redazione de Il Monferrato e chiesi di parlare con l'allora direttore Marco Giorcelli per propormi nelle vesti di apprendista reporter. Lì è nata una scintilla che mi ha accompagnato durante l'università, mentre frequentavo la facoltà di Giurisprudenza, e negli anni successivi, fino a quando ho deciso di farne un lavoro a tempo pieno. La curiosità è la mia bussola ed oggi punta sui nuovi processi di comunicazione. Responsabile dell'ufficio stampa di una prestigiosa orchestra torinese, l'OFT, scrivo come freelance per alcune testate, tra cui La Stampa.

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