Le Scuderie del Quirinale presentano la mostra "Favoloso Calvino. Il mondo come opera d’arte. Carpaccio, de Chirico, Gnoli, Melotti e gli altri" aperta al pubblico fino al 4 febbraio 2024 (Foto: Calvino nello specchio, s.d., Roma, Biblioteca Nazionale Centrale, Fondo Calvino)

Le Scuderie del Quirinale presentano la mostra "Favoloso Calvino. Il mondo come opera d’arte. Carpaccio, de Chirico, Gnoli, Melotti e gli altri" aperta al pubblico fino al 4 febbraio 2024 (Foto: Calvino nello specchio, s.d., Roma, Biblioteca Nazionale Centrale, Fondo Calvino)

Favoloso viaggio nel fantastico mondo di Calvino

A Roma, le Scuderie del Quirinale festeggiano il centenario dello scrittore con una grande mostra, aperta fino al 4 febbraio 2024. Un percorso tra alberi, foreste impervie e baroni rampanti, nell’immaginazione del grande intellettuale. Che fu anche ecologista ante litteram

Avrete voglia di riaprire tutti libri che avete sugli scaffali, leggere quello che non conoscete, non uscire più dalle Scuderie del Quirinale una volta entrati nella mostra Favoloso Calvino – Il mondo come opera d’arte: Carpaccio, de Chirico, Gnoli, Melotti e gli altri. Modo migliore per festeggiare il centenario dello scrittore è difficile da ipotizzare e i ringraziamenti al professor Mario Barenghi (sua la cura dei Saggi di Calvino per i Meridiani Mondadori con Claudio Milanini e Bruno Falcetto) per la scelta delle citazioni, la chiarezza delle didascalie, la ricchezza dei pannelli informativi, non saranno mai abbastanza. «Il percorso espositivo è biografico e cronologico – ha spiegato il curatore in conferenza stampa – Si parte con un’immagine che richiama il paesaggio ligure per proseguire con gli anni della formazione a Genova, dell’ambiente familiare, la guerra, il trasferimento a Torino e il lavoro all’Einaudi, poi il trasferimento a Parigi e le suggestioni culturali che vi si intrecciano. Si tratta, però, sostanzialmente di una traccia, naturalmente».

 

Il professor Mario Barenghi. Ha curato i Saggi di Calvino per i Meridiani Mondadori con Claudio Milanini e Bruno Falcetto (Foto: YouTube)
Mario Barenghi ha curato didascalie e testi informativi della mostra (Foto: YouTube)

Viaggio caleidoscopico nella fantasia di Calvino

Già perché la mostra va ben oltre il mero snocciolarsi di fatti della vita e opere letterarie. Attraverso più di 400 prestiti, tra opere, manoscritti e lettere, fotografie, disegni, bozzetti, libri, proposti in un agile allestimento modulare (opera del team, interno delle Scuderie, guidato da Francesca Elvira Ercole, Gianluca Bilotta e Alessia Provinciali), accompagnano il visitatore-lettore viene accompagnato nel cuore dell’immaginario calviniano. Un viaggio simile a un caleidoscopio, che non potrà non ricordare il procedere immaginifico dell’Orlando Furioso, opera lungamente amata dallo scrittore, a cui dà il là le parole di un testo del 1971, Dall’opaco:

la descrizione di uno spazio, presumibilmente la Riviera ligure di Ponente, dove l’autore è cresciuto e che ha plasmato il suo modo di vedere il mondo, che accoglie all’entrata dell’esposizione.

«Se allora mi avessero domandato che forma ha il mondo avrei detto che è in pendenza, con dislivelli irregolari, con sporgenze e rientranze, per cui mi trovo sempre in qualche modo come su un balcone, affacciato a una balaustra, e vedo ciò che il mondo contiene disporsi alla destra e alla sinistra a diverse distanze, su altri balconi o palchi di teatro soprastanti o sottostanti, d’un teatro il cui proscenio s’apre sul vuoto, sulla striscia di mare alta contro il cielo attraversato dai venti e dalle nuvole».

 

Un dettaglio dell'opera di Mark Dion, "Between Voltaire and Poe", 2016Meuble en bois, boites à cigarettes, figurines, plastique, bocaux et bibelots Mark Dion & Galerie In Situ-fabienne leclerc, Grand Paris (Foto: Rafaele Fanelli)
Un dettaglio dell’opera di Mark Dion, “Between Voltaire and Poe”, 2016 (Foto: Rafaele Fanelli)

 

La Natura impervia e fantastica

Con questa premessa, si arriva al secondo grande pilastro della curatela: la foresta come emblema dell’intera opera calviniana, messa in scena attraverso Forêt Palatine, l’installazione del 2019 di Eva Jospin, artista francese da sempre interessata alla rappresentazione di una natura impervia e fantastica, dove le foreste che realizza col cartone sono luoghi di evasione dal reale: ambiente naturale minacciato dal genere umano, in uno spirito ecologista di cui l’intellettuale è stato precoce interprete. In questa prima sezione, dedicata appunto all’Albero, che subito riporterà chi è cresciuto col Barone Rampante a Cosimo Piovasco di Rondò, il giovane rampollo della nobile famiglia ligure di Ombrosa, che all’età di dodici anni, in seguito a un litigio con i genitori per un piatto di lumache, si arrampica su un albero del giardino e dichiara di non volerne scendere mai più. Splendido, in questa sala, Il progetto per la pietra tombale di Italo Calvino che la moglie Esther commissionò alla sua morte, avvenuta il 19 settembre 1985, a Giulio Paolini. La lastra tombale sarebbe dovuta essere in marmo, con caratteri in bronzo dorato, ma alla fine non se ne fece nulla. Resta il disegno a matita, con le lettere del nome e i numeri delle date in fogli sparsi, come foglie in autunno. Si prosegue con Natura vs. Artificio, alla scoperta della famiglia, con una ricca selezione di foto e di testi.

«Il sapere dei miei genitori convergeva sul regno vegetale, le sue meraviglie e virtù. lo, attratto da un’altra vegetazione, quella delle frasi scritte, voltai le spalle a quanto essi m’avrebbero potuto insegnare; ma la sapienza dell’umano mi restò ugualmente estranea» (Gran Bazar, 1980).

 

Guarda il video della Forêt Palatine di Eva Jospin

 

Di formiche argentine, cavalieri inesistenti e baroni rampanti

Particolarmente suggestiva l’opera esposta di Emilio Isgrò La formica argentina, del 2023, a dialogo con quello che Calvino definì il più realistico dei suoi racconti, l’omonimo romanzo breve scritto nel 1952 e dedicato all’insetto particolarmente aggressivo e prolifico che negli anni Venti e Trenta infestò la Riviera di Ponente, a cui ognuno dei personaggi dà una personale soluzione. È poi, dopo la fascinazione adolescenziale per il cinematografo, la volta della resistenza partigiana e dell’impegno politico, nella terza sala La guerra e la politica, la sala dedicata ai suoi ritratti («È singolare che Calvino – ha sottolineato Barenghi – che diceva avrebbe voluto scomparire, sia poi, di fatto, uno degli scrittori più fotografati del Novecento») e agli anni torinesi, quando l’ambiente della casa editrice Einaudi consente al giovane scrittore di allargare i propri orizzonti culturali. Nella sala 5, Il reale e il fantastico, e nella sala 6, Le fiabe sono vere, arriviamo agli anni Cinquanta, negli anni in cui Calvino coltiva il progetto di scrivere un grande romanzo realista e intanto scrive la trilogia araldica I nostri antenati: Il visconte dimezzato, Il cavaliere inesistente e Il barone rampante, edita da Einaudi e illustrata da Emanuele Luzzati. Degli stessi anni, le novelle di Marcovaldo, inaugurate sulle pagine dell’Unità e proposte in volume nel 1963 con le illustrazioni di Sergio Tofano.

 

L'opera di Emanuele Luzzati, "Il visconte dimezzato", illustrazione per Il visconte dimezzato, 1975, Genova, Archivio generale opere, (Foto: Lele Luzzati Foundation - Casa Museo / © Lele Luzzati Foundation)

“Il visconte dimezzato”, illustrazione di Emanuele Luzzati per Il visconte dimezzato, 1975, Genova, Archivio generale opere, (Foto: Lele Luzzati Foundation – Casa Museo / © Lele Luzzati Foundation)

 

«All’origine di ogni storia che ho scritto c’è un’immagine che mi gira per la testa, nata chissà come e che mi porto dietro magari per anni. A poco a poco mi viene da sviluppare questa immagine in una storia con un principio e una fine, e nello stesso tempo – ma i due processi sono spesso paralleli e indipendenti – mi convinco che essa racchiude qualche significato. Quando comincio a scrivere però, tutto ciò è nella mia mente ancora in uno stato lacunoso, appena accennato. È solo scrivendo che ogni cosa finisce per andare al suo posto» (I nostri antenati, 1960).

Piccolo Atlante delle Città (In)Visibili

Dopo la narrativa “cosmicomica” degli anni Sessanta, nella settima sala Tutto il cosmo, qui e ora, e alle carte da cui nasce il Castello dei destini incrociati, dove oltre ai tarocchi quattrocenteschi prestati dall’Accademia Carrara, la presenza di maggior impatto è senza dubbio il San Giorgio dalla grande tela del Carpaccio, si approda a L’atlante delle città (in)visibili: il cuore sono Le città invisibili e vi campeggia un’opera di Fausto Melotti, artista al quale Calvino dichiara esplicitamente di essersi ispirato per la serie delle “città sottili”. Vi trovano spazio anche le città di De Chirico e di Borbottoni, le pietre di Magnelli, la grande scacchiera di Enrico Baj. A partire dagli anni Settanta Calvino dedica parecchie energie alla forma della descrizione (un impegno che culmina in Palomar) e nello stesso tempo compie importanti viaggi. Particolare rilievo hanno nella sezione 10 le opere di Domenico Gnoli (su cui Calvino scrive in uno dei suoi numerosi contributi alla rivista di Franco Maria Ricci FMR) e immagini del Messico, del Giappone, di New York.

Viaggiatore e cantafavole

Il tema dell’ultima sala (Cominciare e ricominciare) ricorda soprattutto Se una notte d’inverno un viaggiatore; ma l’intento è anche di ricordare la quantità di nuovi progetti che Calvino aveva in cantiere al momento della sua scomparsa. Una nuova opera di Giulio Paolini, concepita appositamente per questa occasione, s’incentra sullo sguardo di Calvino, che rappresenta il filo conduttore della mostra. Ha chiosato Marco Barenghi: «Alla fine, questa mostra non è una mostra biografica, non è una mostra sui manoscritti di Calvino, anche se mi auguro che un giorno si possa fare, non è una mostra – in senso stretto – sui rapporti tra Calvino e l’arte, o tra gli artisti e le opere di Calvino, non è una mostra sulla grafica einaudiana, altro argomento che certamente sarebbe meritevole, non è neanche una mostra su Calvino e l’esercizio della descrizione: anche se c’è parecchio di tutto questo. Che cos’è questa mostra? Il tentativo di approssimarsi all’immaginario calviniano». Scrive Calvino nel 1960, in una lettera all’editore francese François Wahl:

«L’unica cosa che vorrei potervi insegnare è un modo di guardare, cioè di essere in mezzo al mondo». In fondo, il senso di questa bellissima mostra, è tutto qui, nel cercare un proprio modo di leggere il mondo.

Alla mostra romana si accompagna Calvino cantafavole, esposizione curata da Eloisa Morra e Luca Scarlini a Palazzo Ducale di Genova, negli spazi della Loggia degli Abati. L’esposizione genovese – sostenuta dalla Regione Liguria, dal Comune di Genova con la Fondazione Palazzo Ducale – è organizzata da Electa in collaborazione con le Scuderie del Quirinale, Teatro della Tosse e Lele Luzzati Foundation. In occasione di Favoloso Calvino. Il mondo come opera d’arte. Carpaccio, de Chirico, Gnoli, Melotti e gli altri le Scuderie del Quirinale propongono ai visitatori, a partire da ottobre 2023, un ricco programma di eventi e conferenze organizzato con Electa: una serie di incontri e spettacoli che si terranno presso la sede delle Scuderie e in altri luoghi della città coinvolta nel ricordo dei temi e delle idee che hanno interessato Calvino.

 

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Francesca Romana Buffetti
Antropologa sedotta dal giornalismo, dirige dal 2015 la rivista “Scenografia&Costume”. Giornalista freelance, scrive di cinema, teatro, arte, moda, ambiente. Ha svolto lavoro redazionale in società di comunicazione per diversi anni, occupandosi soprattutto di spettacolo e cultura, dopo aver studiato a lungo, anche recandosi sui set, storia e tecniche del cinema.

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