Una scena di Argentina, 1985

Il film, disponibile su Prime Video, è in questi giorni su grande schermo per alcune proiezioni alla presenza del regista e di parte del cast (Foto: Prime Video)

Strano destino quello toccato a un film importante, per impegno produttivo e argomento, come Argentina, 1985 di Santiago Mitre. Presentato a Venezia nel 2022, dove malgrado il premio Fipresci e il premio Signis era passato un po’ in sordina, e nel giro di poche settimane finito su Prime Video (il film è la prima produzione argentina di Amazon Studios). Una sorte simile a quella di un altro bel lungometraggio, il Bardo – La cronaca falsa di alcune verità del messicano Alejandro González Iñárritu arrivato su Netflix dopo solo pochi giorni di sala.

 

Il regista Santiago Mitre
Il regista Santiago Mitre

 

Dopo il Golden Globe come miglior film straniero e una candidatura agli Oscar (dove dovrà vedersela con il tedesco Niente di nuovo sul fronte occidentale, produzione Netflix stra-premiata ai BAFTA inglesi, l’irlandese The Quiet GirlClose, pellicola belga che ha vinto il premio della Giuria a Cannes, e il polacco EO), dal 23 febbraio Lucky Red e Circuito Cinema ne permettono la visione su grande schermo, con una serie di proiezioni precedute dall’incontro con regista e parte del cast, andate sold out in poche ore. Si prospetta fortunato, dunque, il tour italiano del lungometraggio argentino, dopo essere stato, in patria, un successo al botteghino, forte anche dell’endorsement su Instagram niente meno che di Lionel Messi («Che bel film ‘Argentina, 1985’, con Ricardo Darín e nominato agli OSCAR. Andiamo per il terzo!», ha scritto il calciatore, riferendosi alle due precedenti statuette toccate al suo Paese, per La historia oficial di Luis Puenzo, nel 1986, ed El secreto de sus ojos, di Juan José Campanella, sempre con Darín, del 2010).

 

i protagonisti di Argentina 1985
Peter Lanzani e Ricardo Darin in un momento di “Argentina, 1985” (Foto: Prime Video)

 

Santiago Mitre, che si era già fatto notare dalle nostre parti con la regia de La cordillera (2017), mette in scena la storia dei procuratori Julio Strassera (Ricardo Darín) e l’allora giovanissimo Luis Moreno Ocampo (Peter Lanzani), che nel 1985 riuscirono a far condannare la dittatura militare alla guida dell’Argentina dopo il colpo di stato che nel 24 marzo 1976 aveva rovesciato la presidente Isabel Perón, fino al 10 dicembre 1983, quando democratiche elezioni avevano eletto il presidente Raúl Alfonsín. Il Processo di riorganizzazione nazionale guidato dal generale Jorge Rafael Videla e la Guerra Surcia, la guerra sporca attuata dai suoi militari, sono ricordati come il momento più cruento della storia argentina:

tra il 1976 e il 1983, in soli sette anni, si stima siano scomparsi fino a 30mila dissidenti o sospettati tali (9mila accertati secondo i rapporti ufficiali della Conadep, la Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas) su 40mila vittime totali.

«Non molte persone nel mio Paese ricordano il processo – ha spiegato il regista – ma questo è ciò che il cinema può fare: portare alla luce alcuni episodi della storia del Paese e collaborare alla costruzione di una memoria. E nel periodo che stiamo vivendo, in cui le società sono così divise, raccontare la storia di quanto sia stato difficile costruire una nuova democrazia in Argentina è, credo, un argomento particolarmente rilevante al giorno d’oggi». Il dramma giudiziario, opera fiume di 140 minuti, mostra come Julio Strassera abbia segnato un momento imprescindibile del percorso democratico del Paese: il processo nel tribunale civile alla giunta militare argentina è stato, infatti, il primo grande processo per crimini di guerra da Norimberga, nel 1945.

 

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Il cast di “Argentina, 1985” (Foto: Prime Video)

 

Mescolando immagini e parole dei veri testimoni con la finzione cinematografica, utilizzando anche la stessa telecamera, la U-matic, usata per la vera trasmissione del dibattimento, il regista e il suo autore della fotografia, Javier Juliá, hanno ottenuto un risultato di totale realismo: «A quel tempo, il processo fu ripreso alle spalle, perché per le persone era pericoloso testimoniare. Chi le aveva torturate era ancora libero in quel momento, quindi andavano protette non mostrandone il volto. Per me era importante andare dall’altra parte e vedere per la prima volta il loro dolore e la loro rabbia, perché l’Argentina sapesse cosa era accaduto», ha spiegato Mitre a Elizabeth Stanton in un’intervista pubblicata su aframe.oscars.org (Santiago Mitre Reveals the Difficulty of Recreating the Trial of the Juntas in ‘Argentina, 1985).

Altrettanto attenta e curata la ricostruzione scenografica della Buenos Aires degli anni Ottanta, realizzata da Micaela Saiegh che ha potuto usufruire per il set del vero Palazzo di Giustizia e della vera aula di tribunale.

 

Su tutto, però, sull’indiscussa bravura dell’intero cast, sullo sguardo sensibile e appassionato di Mitre, sull’accuratezza dei reparti tecnici, svetta una sceneggiatura perfetta, senza una sbavatura, con dialoghi serrati ed essenziali che trovano nei 10 minuti di arringa finale del procuratore Strassera il loro acme necessario e catartico: davvero difficile restare impassibili di fronte alle parole pronunciate da Ricardo Darín, interprete superbo, non solo per fare giustizia ma per ridare dignità alle vittime e a tutte le madres e abuelas di Plaza de Mayo, quelle madri e quelle nonne che ancora oggi sono alla ricerca di figli e nipoti desaparecidos e per le quali quel Nunca más, l’ormai celeberrimo mai più, deve aver risuonato con particolare accento: Dice Strassera:

«Desidero rinunciare a qualsiasi pretesa di originalità nel chiudere questa mozione. Vorrei usare una frase che non è mia, perché appartiene già a tutto il popolo argentino. Con il vostro rispetto: nunca más!».

Difficile trovare in questi giorni in sala un film altrettanto imperdibile, da apprezzare in tutta la sua bellezza su grande schermo, ma comunque irrinunciabile, anche su piattaforma, dove rimane disponibile grazie a Prime Video.

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Francesca Romana Buffetti
Antropologa sedotta dal giornalismo, dirige dal 2015 la rivista “Scenografia&Costume”. Giornalista freelance, scrive di cinema, teatro, arte, moda, ambiente. Ha svolto lavoro redazionale in società di comunicazione per diversi anni, occupandosi soprattutto di spettacolo e cultura, dopo aver studiato a lungo, anche recandosi sui set, storia e tecniche del cinema.

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